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The Departed. Il bene e il male

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su The Departed. Il bene e il male

di steno79
8 stelle

L'unico Oscar per il miglior film e la migliore regia vinto dal grandissimo Martin Scorsese non è stato per gli immensi "Toro scatenato", "Taxi driver" e "Quei bravi ragazzi", ma per questo "The departed", che francamente non tocca quelle vette artistiche. Si tratta di un crime thriller che si posiziona molto di più dalle parti del cinema di genere rispetto ai consueti drammi mafiosi ed esistenziali del passato, un remake a quanto pare molto fedele di "Infernal affairs", film hongkonghese di Andrew Lau e Alan Mak che ha avuto ben due seguiti. Scorsese si avvale di una sceneggiatura complessa e articolata dello scrittore William Monahan, anch'essa premiata con l'Oscar, che alcuni sostengono sia troppo simile a quella dell'originale, ma a questo proposito si può riportare il parere dello stesso regista Lau che ritiene che Scorsese abbia fatto un buon lavoro, più in sintonia con la cultura americana. Su una durata impegnativa di due ore e mezza Scorsese padroneggia la materia narrativa con un polso spesso encomiabile, un ritmo sostenuto da film di azione che si giova del montaggio ineccepibile della sua collaboratrice Thelma Schoonmaker, buone caratterizzazioni dei numerosi personaggi, anche se qualche figura secondaria è un po' sfocata e ad onor del vero bisogna dire che alcuni colpi di scena giungono in maniera un po' meccanica, soprattutto quello che anticipa il finale, che non rivelo per non spoilerare ma resta un punto piuttosto debole della scrittura di Monahan (mi riferisco all'agente Barrigan interpretato da James Badge Dale). Tuttavia, non mi interessa cercare il pelo nell'uovo perché ho trovato nel film molti elementi che presi singolarmente mi sono piaciuti, soprattutto la direzione di un cast complessivamente eccellente con un Di Caprio ad una delle sue migliori prestazioni scorsesiane nel ruolo del tormentato agente Billy Costigan, un Matt Damon quasi alla sua altezza nel ruolo cardine dell'agente Sullivan, reso con la necessaria ambiguità, oltre ad un grande Nicholson che per la prima volta lavora con il maestro e dà un compendio di molte sue passate interpretazioni senza eccedere nella gigioneria, ma aggiungendo tocchi inquietanti ad una figura memorabile come quella di Frank Costello, un nome che è tutto un programma. Tra i caratteristi si segnala la buona prova di Alec Baldwin, una Vera Farmiga forse non del tutto centrata sull'unica figura femminile di rilievo, un Martin Sheen per fortuna ritrovato alla causa del grande cinema, un Mark Wahlberg sicuramente migliore rispetto al suo (basso) standard, che strappa l'unica nomination per la recitazione come attore non protagonista ma non è certo il migliore interprete nel film. Il turpiloquio ha dato fastidio a qualcuno, e probabilmente si poteva evitare il ricorso ad espressioni omofobiche come "frocio doppiogiochista" e altre, piuttosto gratuite. In un'ideale panoramica sul cinema dell'autore lo metterei dietro anche a film come "Mean streets", "Casino" o "L'età dell'innocenza", ma resta un prodotto onorevole dove le dinamiche da thriller e lo scavo psicologico dei personaggi vengono sublimati dal tocco di un vero maestro.

voto 8/10

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