Regia di Emilio Estevez vedi scheda film
La scommessa di girare un film su Robert Kennedy senza quasi mai mostrare il 'protagonista-ombra' è assolutamente vinta. Estevez ha imparato la lezione di Paul Thomas Anderson, per non scomodare Altman, dimostrando di saper dirigere un cast enorme (in ogni senso) con garbo e fermezza. Ne vien fuori un dramma corale splendidamente orchestrato in cui nessuno dei protagonisti pesta i piedi all'altro, giustamente retorico e doverosamente vibrante, del tutto convincente nel voler dar risalto, più che al fenomeno politico-Kennedy, ad un'umanità di sottofondo che è poi un esemplificativo frammento del policromatico tessuto sociale americano di quegli anni. Nessuno sfoggio manieristico, pochissime (ma davvero ineliminabili) concessioni alla demagogia a stelle e strisce. L'american dream è certo esposto, narrato, inseguito, sfiorato, ma anche, lucidamente, rimpianto e smentito. A conti fatti un'opera di valore, strutturalmente innovativa e straorinariamente interpretata. Bellissima e struggente la riflessione, strisciante per tutto il film ed appena suggerita, sul decadimento fisico, la perdita di vigore, di fiducia e delle conseguenti illusioni, d'una generazione che si vide 'invecchiare' prima del tempo, e che dovette, prematuramente e non senza ragione, disimparare a sognare.
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