Regia di Robert Vip (Joe D'Amato) vedi scheda film
Mariti gelosi e mogli vogliose, coppie mal assortite che si tradiscono a più non posso, finti eunuchi e finte donne, cinture di castità (apparentemente) impenetrabili... la cina antica non è poi così diversa dai tempi nostri.
Pecoreccio: lo sono Alvaro Vitali e Lino Banfi quando spiano da dietro la serratura Gloria Guida o Edwige Fenech che si lustrano smodatamente le poppe sotto la doccia; perchè non dovrebbe esserlo anche il falso eunuco o la donnina ninfomane dell'antica leggenda (porcellona) cinese? Nessun pretesto letterario o fasulla deriva culturale può reggere, di fronte a pellicole come I racconti della camera rossa, opera d'altronde firmata da uno degli specialisti del soft e dell'hardcore italiano di quel periodo, Joe D'Amato (che però nelle sue pellicole ambientate in Oriente si fa chiamare Robert Yip). Il vero problema non è comunque il pecoreccio in sè, o la scarsissima consistenza del lavoro anche dal punto di vista erotico; il fatto preoccupante è che il film esce nel 1993, a cinema 'di genere' ormai sepolto, e per la sua fattura tutt'altro che disprezzabile I racconti della camera rossa può - e vuole - aspirare a qualcosa di più che un semplice inserimento in sordina nel mercato del noleggio. Soggetto e sceneggiatura risultano a nome Lim Seng Yee: pare difficile si tratti dell'ennesimo pseudonimo di Aristide Massaccesi/Joe D'Amato, eppure il nome è sostanzialmente sconosciuto e generalmente il regista aveva voce in capitolo anche in fase di scrittura. Cast di attori orientali dalla notorietà per forza di cose nulla, ma comunque ben scelti. Cult la scena del marito che sorprende la moglie con l'amante e decide di infliggere all'intruso la pena 'del taglione': se l'uomo ha sbagliato a penetrare, verrà penetrato dal furibondo cornuto come punizione. 2/10.
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