Regia di Justin Lin vedi scheda film
Black è un outsider che si considera un corridore su strada impulsivo e fallito. Per evitare la galera viene spedito a vivere con il suo burbero ed estraneo padre, un militare di carriera di base a Tokyo. Diventato ufficialmente un gaijin (un outsider, appunto) si sente ancora più escluso in un paese straniero con usanze diverse e codici d’onore estranei. Un giorno però incontra un amico americano, Twinkie, che lo introduce nel mondo sotterraneo delle corse automobilistiche drift, vale a dire corse con sbandamento (in curva) assicurato. Dopo i trionfi ai botteghini internazionali delle prime due puntate, ecco l’ultimo (?) capitolo di una saga pensata principalmente per una fruizione ossessiva davanti ai piccoli schermi, come un videogame da consumare fino alla consunzione. Un “film” che si palesa esattamente come lo immagini prima di entrarvi dentro, che non regala nulla di più che “emozioni” per decerebrati che hanno affittato il proprio cervello al vicino di casa o al collega di lavoro. Certo, l’azione - per gli amanti del genere - è assicurata, le macchine sfrecciano, si scontrano e s’involano in una virtualità diseducativa, che ai malati di cui sopra fa senz’altro alzare il tasso di eccitazione. Intendiamoci: ognuno sceglie di divertirsi come crede e di schiantarsi come più gli aggrada. L’importante è non invadere le corsie di chi l’auto la usa per spostarsi, ascoltando della buona musica.
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