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Regia di Richard Stanley vedi scheda film

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DeathCross

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Hardware

di DeathCross
10 stelle

Un gioiellino sorprendente, un horror distopico a metà fra Orwell e Carpenter.

Il film, vincitore del Corvo d'Argento ai BIFF (Festival internazionale del Cinema Fantastico di Bruxelles) del '91 ma per il resto quasi totalmente sconosciuto, è datato 1990 (ed è prodotto in Great Britain e Suid-Afrika). Con la caduta del muro di Berlino e il crollo dell'unione sovietica il neolberismo (reaganiano) si crogiola soddisfatto nella sua vittoria, ma il futuro (in particolare di New York, cuore dell'imperialismo capitalista) previsto nel film è tutt'altro che ottimista: radiazioni ovunque, conflittualità permanente (non si sa se all'interno o all'estero, ma probabilmente in entrambe le sfere), città ridotte a fogne galleggianti, disoccupazione dilagante e schermi (televisivi) onnipresenti, pronti 24h/24 a confondere e distrarre le masse e nel contempo a spiarle.
Un mondo dove le persone non nutrono alcuna fiducia nel prossimo, e si rinchiudono, come Jill, la protagonista del film, in casa, terrorizzate dai pericoli del mondo esterno. Ma è all'interno che si cela il Vero pericolo: il diabolico e psicotico M.A.R.K.-13 (altro titolo del film), ovvero la macchina programmata per distruggere la Carne (tema che ricorda, con le dovute divergenze, Cronenberg, in particolare "Videodrome") ha dipinto sul 'volto', con accezione evidentemente simbolica, la bandiera statunitense, e, dall'interno dell'appartamento, minaccia l'apparentemente fragile e indifesa protagonista. (ATTENZIONE: SPOILER) Ma alla fine è lei il personaggio forte, mentre Moses, il tipico eroe americano, di fronte alla disperazione, si arrende e si suicida (in una sequenza cyber-onirica di notevole impatto, rafforzato musicalmente dal rossiniano "Stabat Mater"). Jill invece tenterà con tutte le sue forze di resistere e lottare contro l'ultima arma introdotta dal sistema per controllare le vite delle persone, e cercherà perfino di comunicare con essa, scoprendo come, a contatto con l'umanità, la macchina abbia sviluppato un morboso desiderio di assimilare, di apprendere il mistero della Vita (desiderio nato probabilmente dalle osservazioni dell'intimità sessuale della protagonista). Quando la protagonista, per distruggere finalmente la macchina, azionerà l'acqua della doccia (il cui getto ricorda molto la pioggia più volte sognata da Moses nel corso del film, in quanto simbolo di Speranza per un mondo arido e morente), la macchina tenderà la propria mano verso questa fonte di Vita, che per lei rappresenta invece strumento di Morte. Di fronte alla potenza della Natura, l'essere artificiale si trova impotente, e Jill può finalmente uscire dalla sua prigione domestica.

Ma il 'progresso' non si può arrendere, ed ecco che, poco prima dei titoli di coda, la voce radiofonica di Iggy Pop ci annuncia l'imminente produzione in massa dei M.A.R.K.-13, che porterà un aumento dei posti di lavoro e con esso (ma questo siamo noi, spettatori e spettatrici, a intuirlo, perché la radio, cioè i media, non ce lo dicono) l'approssimarsi dell'estinzione della specie umana.


Un gioiellino sorprendente, curato nei minimi particolari, con inquadrature e movimenti di macchina studiatissimi, rallenty poetici, fotografia dominata da toni arancioni o rossi (scelta che rafforza l'atmosfera nucleare del film), accostamento sonoro geniale (in particolare il 'tema' "The Order of Death" dei Public Image Ltd.) e straordinaria messa in scena all'insegna della decadenza.
Encomiabile anche il cast, in particolare Stacey Travis (Jill), con simpatici cameo di personaggi noti nella musica hard rock e metal, come Lemmy Kilmister dei Motorhead (nei panni del taxista che ascolta "Ace of Spades") e il già citato Iggy Pop (il cui apporto è solo vocale).

 

Consigliato vivamente. 

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