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Il fantasma dell'Opera

Regia di Rupert Julian vedi scheda film

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La recensione su Il fantasma dell'Opera

di OGM
10 stelle

Una favola “noir” che è una storia d’amore tra la luce e il buio, immersa nella sontuosa architettura di un teatro, tra le svettanti altezze dei palchi e gli abissi dei cunicoli sotterranei, tra lo splendore solare dei riflettori e dei lampadari in sala, e il fioco bagliore delle torce e delle lanterne giù per le scale e lungo le gallerie. In questo modo la pellicola celebra l’essenza primigenia del cinema, che, con quel suo bianco e nero silente, viveva inizialmente solo di contrasti, geometrie e profondità. Un film intriso di stupore, come “L’arrivée d’un train à La Ciotat” dei Lumière, e pieno di scene affollate, brulicanti di movimenti ritmici o disordinati, con un gusto coreografico che, anch’esso, attinge alle radici della settima arte: quest’opera interpreta ancora la meraviglia che dovette accompagnare le prime proiezioni, quando miracolosamente, sullo schermo, il pubblico vide la scatola del kinetoscopio di un tempo trasformarsi in un panoramico caleidoscopio. La maschera del fantasma, i costumi teatrali, le sagome scure proiettate sui muri delle cantine sono elementi dello spettacolo antico che, però, esemplificano anche le nuove modalità espressive della celluloide, contenta di potersi giostrare tra visione diretta, indiretta, amplificata o negata. Lo “spirito” più volte evocato nel racconto è uno spettro, che non ha fisicità eppure esiste; è un’entità anti-estetica, una bruttezza nascosta che, tuttavia, esercita un potere più magico o più forte di una bellezza appariscente; è la poetica metafora di tutto ciò che il cinema riesce a infondere sottopelle, con le allusioni e gli indizi che sono l’”ombra” vivente dell’azione. Un capolavoro di genialità e preveggenza, di cui solo ottant’anni di cinema hanno potuto dispiegare tutti i significati.

Sulla trama

Un’incursione nel lato oscuro e profondo dell’essere, in cui la protagonista Christine è sospinta in parte dalla propria curiosità, come Alice dietro lo specchio, in parte dalla altrui brutalità, come Persefone agli Inferi. Una versione moderna del tema classico della mostruosità, in cui alla deformità fisica si sommano la follia e la depravazione morale, sia pure stemperate dall’arte e dall’amore. La solitudine, la clandestinità, l’emarginazione, sfocianti nello spettacolare epilogo tragico del “tutti contro uno”, aggiungono una cornice sociologica da era industriale.

Sulla colonna sonora

Una musica d’organo appassionata e struggente. “Since first I saw your face, this music has been singing to me of you and of love triumphant. Yet listen: there sounds an ominous undercurrent of warning.”

Su Lon Chaney

Un’interpretazione superba ed incantevole, un trasformismo fiabesco e romantico che dà vita a un personaggio immortale.

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