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Il Caimano

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su Il Caimano

di giancarlo visitilli
8 stelle

Caimano: zool.com. nome comune di varie specie dei generi Melanosuco e Paleosuco (Dizionario De Mauro). A differenza del grande linguista De Mauro, Moretti ci ha aggiunto qualcosa in più, tutta sua: fra i Melanosuco e i Paleosuco ci ha inserito anche quel “genere” di uomini, razza strana, comunemente definiti politici, registi, imprenditori, curiali, insomma, i veri caimani, da sempre i protagonisti onnivori nella storia dell’umanità.
Bruno è uno fra questi, che fa il produttore cinematografico, ormai caduto in disgrazia. Negli anni Settanta aveva fatto successo con film trash, mentre da qualche anno tenta disperatamente di portare a termine un progetto su Cristoforo Colombo. Quando tutto sembra andare a rotoli, gli capita tra le mani la sceneggiatura di una regista esordiente. E’ la storia di un industriale rampante che fonda un impero economico con soldi di dubbia provenienza. Quando Bruno si accorgerà che il protagonista del film è Berlusconi, non la prenderà benissimo, ma deciderà comunque di produrre il film con l’aiuto di Teresa, la giovane regista. Nel frattempo la vita privata di Bruno è distrutta: la moglie vuole separarsi, gli amici non lo chiamano più e le banche pretendono che restituisca tutti i soldi che gli sono stati prestati.
Tutto sommato, Nanni ci ha già negli anni abituati, attraverso i suoi film, a “certi personaggi”. Ne Il caimano è la conclusione che ha l’insolito sapore del ghiaccio bollente. Se all’idea ci abbiamo sempre pensato, in quanto italiani, vederlo sul grande schermo “dal vero” non è di facile visione sopportare l’idea che un Presidente del Consiglio, a prescindere dal suo colore (non certamente di pelle…) venga processato e condannato. In quello sguardo fra l’uomo politico e il Pubblico Ministero c’è una sfida che neanche tra i gladiatori e le proprie belve.
Una delle chicche del film è il comune declino dell’uomo di potere e della condizione di una cinematografia italiana distrutta culturalmente: ogni progetto, ogni operazione culturale, “nell’italietta berlusconiana”, come la definisce un personaggio del film, diventano impossibili.
Pur essendo un film dal respiro fortemente politico e apertamente anti-Berlusconi, Il caimano non è però solo un banale e ideologico atto di accusa contro il “berlusconismo”, quanto un’amara riflessione su un paese che ha creduto di trovare un’identità illudendosi di risolvere i problemi confessandoli pubblicamente negli studi della Mediaset. Per nessuno, in questo film di Moretti, c’è via di scampo: non esiste primavera, Aprile, qualcosa che abbia il sapore di “diverso” dal già sentito. Qualunque spettatore ne esce denigrato perché, prima dell’ex presidente del Consiglio, Moretti ha detto a tutti noi italiani, con questo film, che i veri “coglioni” (nell’originario significato del termine) siamo tutti noi, destinati a “viaggiare”, all’interno di quella macchina blindata superscortata, verso un destino che certamente non riguarderà solo lui, ma l’intera Italia.
Dalle comparse ai protagonisti, tanti i volti noti, soprattutto per gli addetti ai lavori, che il pubblico percepirà in parte: da Michele Placido che reinterpreta se stesso, a Giuliano Montaldo, regista di vecchie glorie come “Sacco e Vanzetti” e “Tiro al piccione”, ma anche Sanguineti, Mastrandrea, Mazzacurati, ecc. Eccezionale, come sempre, Silvio Orlando, a differenza di Elio De Capitani (ma chi dice che assomigli a Silvio Berlusconi?) e Margherita Buy, rimasta ancora con la stessa posa di “I giorni dell’abbandono”.
Degni di nota sono gli inserti veri (il famoso discorso di insediamento all'Europarlamento del 2 luglio 2003, quando Berlusconi dà del kapò al capo della delegazione tedesca Schultz), che ben ci preparano al finale in cui nessuno vuole interpretare il ruolo dell’uomo di potere. Un potere che logora fin dentro le ossa, portandosi alla deriva morale, culturale e politica l’intera italietta. Per crederci, basta guardarci e notare come è vero che “tutti sanno già che Berlusconi ha già vinto: ci ha cambiato la testa trent’anni fa”. Merito di un potere (quello mediatico) che, come una droga, fa parte della quotidianità dell’italietta mediasettiana.
Giancarlo Visitilli

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