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V per Vendetta

Regia di James McTeigue vedi scheda film

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La recensione su V per Vendetta

di montelaura
8 stelle

Questo film è un'idea. Un sogno. Un'utopia. Una grande metafora, un veicolo, il mezzo per portarci un messaggio. Come tale è basato sulle parole. E sulla loro forza. V non è soltanto la Vendetta. Sotto la sua maschera non è rimasto nulla di umano, e nulla di ciò che è là sotto c'interessa. V è un'idea più vasta della mera vendetta che si consuma su insulsi, orrendi, loschi figuri di un governo nazista apocalittico. V è la nostra coscienza, i nostri occhi finalmente aperti, il nostro specchio. V ci ridesta da un lungo letargo indotto da anestesia totale, e come tale, il risveglio è doloroso, pieno di paura, sofferenza e travaglio... per poi giungere a una nuova consapevolezza di noi stessi e della nostra vita: che non è soltanto "cercare di non soffrire e non avere paura", ma è molto di più. E' lottare per un barlume, un bagliore di speranza, una tenue luce di libertà che risplende in fondo al tunnel. V ci porta anche a prendere decisioni, ad assumerci le nostre responsabilità nei confronti di noi stessi e degli altri, e ad agire: solo abbattendo e distruggendo i feticci che c'incatenano alla cecità e alla condiscendenza (che non sono solo 'palazzi'...), potremo infine toglierci la maschera ed essere davvero individui. V è un'idea che si nutre di parole e concetti, e tale è il film che narra la sua storia: un anomalo film di fantascienza, anomalo per i nostri tempi, abituati a svilire questo genere profondamente 'civile e politico' da metaforica riflessione sul presente, a giocattolone ipertecnologico a scopo di svago. Qui la tecnologia è al servizio della storia e passa quasi inosservata. Fin dalla prima apparizione di V comprendiamo che la forza delle parole e delle idee sarà il fulcro centrale di questo film, ricco di personaggi, di storie e di visioni, tutte perfettamente correlate tra loro, in un unicum organico e forse leggermente prolisso, ma di una potenza sconcertante. Non più abituati al citazionismo 'alto', rimaniamo spiazzati dai continui e colti riferimenti, che tuttavia aiutano a integrare e capire meglio le vicende. Niente è gratuito o raffazzonato, ogni tassello alla fine viene ricondotto al suo posto all'interno di un mosaico straordinario, a formare un affresco che è in realtà un'inquietante fotografia del nostro presente. E un monito per il nostro futuro.

Cosa cambierei

Forse la lunghezza della pellicola,e di certi 'monologhi' che essendo così 'densi' risultano obiettivamente difficili da seguire. Ma in realtà a me va benissimo così!

Su John Hurt

Regge, caratterizzandolo in maniera inquietante, un personaggio che compare quasi esclusivamente in primo piano... dominando lo schermo come domina il suo impero. Odioso.

Su Stephen Fry

Poco più di un cameo per questo attore forse un po' sottovalutato, dalla faccia caricaturale e che nn sembra mai prendersi sul serio. Gli attribuiscono un personaggio che pare essere stato creato pensando proprio a lui, e lo interpreta con consumata abilità.

Su Stephen Rea

Anche il personaggio del dolente, dubbioso, scrupoloso poliziotto Fynch sembra essere stato scritto appositamente per Stephen Rea, imbolsito, ingrassato, invecchiato, 'sfatto' da un sistema cui è stato costretto a sottomersi per gioco-forza. Interpretazione difficile da dimenticare.

Su Natalie Portman

Vera protagonista del film, incarna tutti noi, con le nostre debolezze e le nostre paure, con un passato di dolore e sofferenza, un personaggio che vorrebbe cercare la pace ma che in realtà e troppo timoroso anche soltanto per disvelarsi. Il suo percorso all'interno della pellicola è in realtà una sorta di Bildungsroman, un percorso di formazione che la farà diventare da mera vittima-spettatrice, a individuo completo capace di scegliere il proprio destino. La sua interpretazione è perfetta, sa articolare mirabilmente ogni passaggio della sua esperienza. Conferma di essere un'ottima, incantevole attrice.

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