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La grande corsa

Regia di Blake Edwards vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La grande corsa

di ziacassie
10 stelle

Per me La grande corsa è la mamma di tutte le commedie.

Sarà che l’ho visto al cinema in prima visione, sarà che i film che ho visto da bambina mi sono rimasti piantati come chiodi nella testa, sarà che il cinema ai tempi in cui ero bambina per me è rimasto  IL CINEMA.

Quello che mi impressiona di più, vedendolo e rivedendolo, è lo scoprire fonti di ispirazione per molti film a venire e prese in giro di film dell’orrore, al quale in qualche modo, con il castello e il prof. Fate, ci si vuole ispirare.

Vincent Price, nel 1971, 1972, o 1973, non ricordo se  nei panni del dott. Phibes, in Frustrazione o Nell’abominevole dottor Phibes, o in quelli di Edward Lionheart, in Oscar Insanguinato, suona un organo che ricorda molto da vicino quello che suona il professor Fate almeno 6 anni prima ne La Grande Corsa.

E Carmelo (un Peter Falk, al quale facevano fare sempre l’aiutante cretino italiano, con accento meridionale, come in Angeli con la pistola, del 1961, a fianco di Glenn Ford) a chi non ricorda Igor che quando viene chiamato, spunta al fianco di Frederick Frankenstein, mentre lo si immagina lontano?

Poi c’è Ezechiele, il fidato aiutante del grande Leslie (inutile ricordare i vestiti candidi di Leslie, e il lusso delle sua tenda nel deserto,  e il nero del castello del prof. Fate, tetro e cupo).

Leslie, che quando sorride gli brilla il dente, Leslie che mentre fa a cazzotti tutte lo baciano, Leslie che per dimostrare che ama Maggie Dubois, perderà la corsa a pochi metri dal traguardo.

Mai omaggio più bello si poteva fare alle comiche e ai due attori del genere, (che io ho amato di più), la premiata ditta Laurel&Hardy, che rendere un film stesso, una comica senza soluzione di continuità. Esagerato, sopra le righe, ma in grado di farsi seguire con attenzione, nonostante la lunghezza, per scoprire come potranno mai uscire dai guai, gli interpreti di questa interminabile e scoppiettante sequenza di situazioni assurde: dal risveglio con l’orso, all’iceberg che si scioglie, allo scambio di principe alla scena delle torte in facce, dove Leslie, che avrà schivato tutte le torte, solo all’ultima torta lanciata, macchierà il suo immacolato vestito bianco.

Le toilettes di Natalie Wood sono, agli occhi di una bambina, quello che non potrà mai dimenticare: la grazia, la bellezza, l’ironia della Wood (anche solo quando fa roteare i suoi grandi occhi neri, in un gesto di disappunto mi incanta ) sono gesti che non ho mai dimenticato.

E l’interpretazione del principe di Lemmon, è la cosa più divertente che io possa ricordare della storia del cinema.

Anzi, mentre ci penso, ho le lacrime agli occhi.

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