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Lady Henderson presenta

Regia di Stephen Frears vedi scheda film

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La recensione su Lady Henderson presenta

di LorCio
7 stelle

Stephen Frears dimostra, ancora una volta, il suo eclettismo stilistico ed autorale, tuffandosi in una storia vera dai connotati bizzarri. Se non altro perché ambientata nel periodo immediatamente precedente alla seconda guerra mondiale e poi anche durante il conflitto. Sfidando le convenzionalità borghesi e il puritanesimo moralista della società inglese, una ricca vedova, che (un po’ per noia e per un po’ per divertimento) si è comprata un teatro di varietà, ottiene che durante i suoi spettacoli si possano mostrare donne completamente mute, a patto che queste siano immobili (così da spacciare il teatro per una galleria artistica).

 

Dopo una prima parte in cui la commedia british regna sovrana, tra battute pungenti e situazioni beffarde, c’è una seconda molto più malinconica e tesa. Se prima il teatro è lo spasso della borghesia, ora quel luogo è l’evacuazione esistenziale dei giovani soldati. Con garbo intelligente e simpatia piacevole, Frears dirige con soave classe una commedia che si rifà esplicitamente (sin dai meravigliosi titoli di testa) alla sofisticatezza leggiadra delle british commedy, adottando un linguaggio sia verbale che di forma che sfiora spesso il sublime.

 

Sublimi, di sicuro, sono i due interpreti principali che nobilitano la già dignitosa opera. Judi Dench è magnifica nel ruolo dell’impicciona ed entusiasta signora Henderson, vedova che alla fine della fiera manifesta il senso dell’operazione nudo: il figlio morì nella Grande Guerra in Francia senza mai vedere una donna nuda. Dunque lei vuole evitare che qualche ragazzo se ne vada anzitempo prima di mirare le grazie femminili. C’è uno scambio di battute col Gran Ciambellano – una sorta di visto censura – che è da incorniciare: lui si chiede se si vedranno pure le parti intime, apostrofando queste come “boschetto”. Lei non vuole capire e esplode dicendo: ah, certo, la “passera”!

 

E poi è memorabile l’arringa difensiva nei confronti del teatro chiuso per disordini, sfociante in un sonoro e fiero “e che cazzo!”. Impeccabile spalla, Bob Hoskins (anche produttore esecutivo), nei panni dell’impresario di razza, è il suo contraltare maschile: i due danno vita a duetti-scontri gustosi e genuini, in cu ti rendi ben conto della superiorità della stirpe degli attori britannici. Il ballo finale, sullo sfondo di una Londra cupa e bruna, è da antologia.

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