Regia di Delmer Daves vedi scheda film
Un grande film di quel Delmer Daver mai assurto veramente da grande regista qual era. Il problema dei difficili rapporti tra americani e indiani viene svolto con eccezionale equilibrio e verità, e recupera con sensatezza l'immagine dei pellerossa al cinema (Daves frequentò da ragazzo una riserva indiana). Lontano da certe semplificazioni manichee e false, del tipo "gli indiani tutti buoni, onesti, virtuosi; i bianchi tutti cattivi, corrotti e ipocriti", come si vede ad ed. nella "Lancia che uccide" di Edward Dmytrik. I cattivi purtroppo, sono sempre stati in tutte le comunità umane. Vi erano uomini di buona volontà sua dall'una che dall'altra parte, tanto che la pace e la convivenza sarebbero stati senza dubbio possibili e praticabili. Pesavano però la naturale diffidenza tra diversi e soprattutto i guerrafondai e i seminatori di discordia che si annidavano in entrambi i popoli. Alla fine i pellerossa sarebbero stati sterminati per la superiorità numerica e tecnica dei bianchi. L'opera di pace del protagonista (un grande James Stewart), però, dimostra come, con un può di buona volontà, le stragi e i massacri - dell'una e dell'altra parte - potevano essere evitati. Per il resto, è un film molto avvincente che Daves gestisce con mano sicura e grande capacità di evitare sia i tempi morti che scene che non abbiano un ruolo preciso nella vicenda e nella definizione dei personaggi. C'è perdipiù un tema che compare anche in un altro film di Daves centrato proprio su quest'argomento (L'albero degli impiccati): le inclinazioni forcaiole di un certo numero di pioneri del west, i quali potevano, nell'arco di pochi minuti, fare un processo sommario ad un malcapitato (magari innocente) e correre a furor di popolo ad impiccarlo. Il finale, come le scene d'amore tra Stewart e l'indiana, sono intensi e commoventi. Interessanti, e tutt'altro che fuori luogo, i rimandi al messaggio di pace della Bibbia.
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