Espandi menu
cerca
La terra dei morti viventi

Regia di George A. Romero vedi scheda film

Recensioni

L'autore

cheftony

cheftony

Iscritto dal 2 marzo 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 100
  • Post 6
  • Recensioni 471
  • Playlist 14
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su La terra dei morti viventi

di cheftony
6 stelle

Problemi?”

In un mondo dove i morti tornano in vita, la parola «problema» perde molto del suo significato.”

 

 

Pittsburgh, Pennsylvania: gli zombie hanno di gran lunga preso il sopravvento sugli umani superstiti, che vivono rintanati in una cittadella, isolata dal resto del territorio per mezzo di due fiumi e di una recinzione elettrificata; similmente nel resto degli Stati Uniti, ormai alla deriva.

La cittadella consta di un grattacielo che funge da quartiere “alto”, Fiddler's Green, proprietà del ricchissimo Kaufman (Dennis Hopper), mentre una massiccia parte di popolazione marcisce nello squallore dello slum circostante; Kaufman è patrocinatore del Dead Reckoning, una specie di carro armato a prova di morto vivente, progettato da Riley Denbo (Simon Baker) e strumento necessario per le escursioni notturne nei rimasugli di città in cerca di beni di prima necessità. Cholo (John Leguizamo) è il vice-comandante di queste spedizioni, dall'indole ben diversa dal suo superiore Riley: Cholo è spiccio e spericolato, nonché in rapporti equivoci col grande capo Kaufman, malvisto dalla gente del ghetto. Se da una parte Cholo sembra intenzionato a prendere possesso del Dead Reckoning, dall'altra gli zombie avanzano, guidati dal benzinaio Big Daddy (Eugene Clark). La situazione di emergenza viene messa in mano a Denbo, supportato dal grande amico di sempre Charlie (Robert Joy), polentone dal volto parzialmente ustionato, e dalla loro nuova conoscenza Slack (Asia Argento), prostituta salvata da un perverso gioco circense. Fra armi, sangue e budella, ha inizio l'ennesima battaglia per la sopravvivenza delle specie. Entrambe…

 

 

Quel vecchio spilungone gioviale di Romero si fa finalmente redivivo nel 2005, dopo anni trascorsi sotto traccia, come da lui sempre desiderato, anche una volta abbandonata la quieta Pittsburgh, città dov'è cresciuto ma in cui ambienta ancora una volta un suo film. In onor del vero, “Land of the Dead” è girato perlopiù a Toronto, dove il regista vive attualmente, ma sono dettagli; la produzione è quasi fastosa, dal budget cospicuo e più che ripagato dal grande successo di pubblico.

Land of the Dead” non è che l'inizio di una nuova trilogia (ormai esalogia) sui morti viventi da parte dell'autore che per primo li ha portati sul grande schermo, che qui si rifà, in fase di sceneggiatura, a del materiale scartato da quel “Day of the Dead” che vent'anni prima chiudeva senza infamia e senza lode la prima, leggendaria trilogia.

Consueta, simpatica, ancorché scolastica l'invettiva socio-politica di Romero: un umile benzinaio (per di più di colore) è il soggetto atto a guidare la rivolta contro il vecchio bianco capitalista dal cognome palesemente di matrice ebraica, arroccato sulla vetta di un grattacielo, simulacro di una ricchezza ingiustamente distribuita; l'amore per i giusti abitanti delle baraccopoli e per gli zombie è sfacciato e si risolve in un finale visivamente furente, ma concettualmente debole.

Al di là del messaggio, solitamente chiave di volta del cinema romeriano, va comunque giudicata anche la messa in scena: non mancano trovate di un certo livello, come i fuochi d'artificio che imbambolano gli zombie o le capacità dimostrate da morti che non sono più dementi. Grandiose anche diverse atmosfere: su tutte, è da manuale la scena (che ricorda pesantemente lo scantinato di “Night of the Living Dead”) in cui vari zombie sono consecutivamente illuminati da una misera torcia, intenti a cibarsi di frattaglie.

Non mancano, però, in mezzo ad un buon numero di momenti altissimi, cadute di stile e un'inettitudine di Romero come dialoghista che paiono ormai inevitabili: si pensi ad un numero imprecisato di idiozie, quali lo zombie che strappa un piercing all'ombelico, quello decapitato che azzanna col rinculo o l'immonda cafonata della presentazione dei tre soldati Manolete, Monica «Motown» e Pillsbury, che resta un cazzotto nell'occhio anche presa in chiave parodistica. Il cast può dirsi sufficiente: Simon Baker patisce una caratterizzazione a dir poco monca, mentre Leguizamo e il mostro sacro Hopper sono magnetici al punto giusto; diverso il discorso per Asia Argento, figlia di un grande amico e collaboratore di Romero che ben conosciamo e attrice il più delle volte impresentabile: qui è perfino vittima di un ruolo osceno, quello di una soldatessa super-addestrata riadattata a puttana, affetta da una coprolalia che dovrebbe mostrarne il carattere rude, che con scollatura, sguardi e determinazione imbastisce un'intesa con il misantropo Riley. Asia compensa quantomeno con un buon inglese, per volerla ulteriormente assolvere.

Non male la fotografia di Miroslaw Baszak, di adeguato contorno la colonna sonora, ma il vero valore aggiunto alla regia di Romero è Greg Nicotero, supervisore e responsabile del make-up e degli effetti speciali, nonché maestro del gore che ebbe il lusso di esordire con “Day of the Dead” e “Evil Dead 2”.

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati