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L'orizzonte degli eventi

Regia di Daniele Vicari vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'orizzonte degli eventi

di hallorann
8 stelle

Nel 2005 l’Italia era sfiancata da un decennio a corrente alternata di Berlusconismo liberista ed egemonico. La cultura prevalente era quella televisiva, drogata di spot e di consumismo commerciale. “L’orizzonte degli eventi”, pur trattando un tema apparentemente siderale, è uno dei film che meglio descrive un decennio, al momento dal ricordo lontano e poco chiaro. Quasi rimosso.

 

Max Flamini è un fisico che lavora al centro di fisica nucleare del Gran Sasso. Con il responsabile e mentore Revelli lavora in equipe per il progetto Helios. Ha un rapporto controverso con la collega francese Anais, segretamente amata. Quando Revelli gli lascia il comando del progetto, Max falsa gli “eventi” scientifici e viene scoperto da Anais. Ha due strade: dimettersi o una commissione d’inchiesta. Tenta il suicidio in auto ma viene soccorso da un pastore albanese clandestino. Sarà una nuova esperienza iniziatica per tornare in sé, forse.

 

L'orizzonte degli eventi(Daniele Vicari,2005) – LettereDiTransito


L’orizzonte degli eventi è gravido di segni direttamente relazionali con una società egoistica e tesa alla performance individuale, nella quale il neoliberismo trionfante soccombe il concetto di piccola comunità. Se crollano le (finte) certezze, crolla tutto.

 

Max è un automa che sa quello che vuole, lavora sodo per ottenere un successo personale non collettivo. Il suo contraltare Anais non è solo colei che scopre l’inganno, è anche il punto debole e di caduta della sua personalità. Mondo di sotto (il laboratorio all’avanguardia), mondo di sopra ( la montagna, Campo Imperatore in Abruzzo) si è detto. Max, grazie ad un clandestino in cerca di migrare in Germania, riprende vita dopo che voleva fuggirsene da essa. Vita già scottata dal lutto di un padre scomodo e un presente familiare in rotta. Bajram è un mondo sconosciuto da tenere nascosto e sfruttare, eppure fa un bel gesto, non ripagato. Il suo destino, dei clandestini di ieri e di oggi, è segnato dalla società. Nessuno li aiuterà.

 

Max è il rappresentante sommo dell’incertezza di una generazione: i “più o meno”, i “non so”; il non saper dire la verità e dunque crearsi dei modelli falsi, delle verosimiglianze. Max nel finale sul tunnel immagina le conseguenze degli eventi innescate dalla sua vigliaccheria. E’ l’apoteosi del suo e del nostro mondo, niente consapevolezze e niente ideali da rispettare. Smarrito Max, bagnato da una pioggerellina universale, prende l’autobus per ritornare ad un passato che non può più ripetersi uguale.

 

Daniele Vicari firma una pellicola drammatica senza speranze e senza ammiccamenti. Racconta una storia che rimarrà come testimonianza di un tempo, indefinito. Con l’aiuto del montatore Spoletini e del musicista Massimo Zamboni scrive inquietudini e turpitudini dell’animo umano, ben rimarcato dal montaggio alternato e dalle musiche dilanianti. Valerio Mastandrea bravissimo! In una delle sue migliori interpretazioni espressive e drammatiche.

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