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Broken Flowers

Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film

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La recensione su Broken Flowers

di Aquilant
8 stelle

“E cadde (sdraiato) come corpo morto cade!” Versi danteschi liberamente riveduti e corretti che caratterizzano alla perfezione l’apatia congenita del personaggio Don Johnston, ovvero l’implosione perpetua di sentimenti dolce-amari cui sarà permanentemente preclusa la via della luce. Un volto forzatamente inespressivo, specchio dell’arcana indecifrabilità di quel suo profondo ribollire interiore che racchiude le pulsioni fondamentali dell’esistere ingabbiate e messe in un canto a tacere ma in realtà sempre lì a covare sotto la cenere. Un insieme di lineamenti che celano il travaglio di chi si vede all’improvviso riportato a nuova vita destinata presumibilmente a sfiorire nel breve volgere di un immalinconito road movie.
“Broken flowers” è la cronaca di un itinerario a ritroso nel bel mezzo di un declino interiore che per forza d’inerzia raggiunge la sua più bassa quota di volo proprio nel momento della rivelazione. Un cammino di speranza alla ricerca dei sentimenti smarriti per strada, da rimettere nuovamente in gioco, componenti residuali di un fuoco di passioni irrimediabilmente spento.
L’itinerario forzato di Johnston lungi dal rivelarsi un viaggio di ricomposizione dei cocci frantumati nel pozzo della memoria, assume la valenza di una riappropriazione di sé e del proprio io perduto tra gli ozi mollicci di una dorata autoreclusione a medio-basso livello da visione plasma(tica).
Ed il surrogato di caratteri contrastanti, spettri del passato manipolati dal peso degli anni ad immagine e somiglianza di corpi estranei frapposti come barriera a poco propizi ritorni di fiamma, restano lì immoti, impietriti, a rendere vana testimonianza di un flusso fuggente di ricordi, con lo sguardo attonito temprato duramente dalla forza della disillusione, mentre paiono a volte riecheggiare dalle pareti i patetici versi di un lontano incontro più volte da noi respirato sulle ali della musica....”Il sole che calava già, rosseggiava la città, già nostra ed ora straniera, incredibile e fredda. Come un istante deja vu, ombra della gioventù, ci circondava la nebbia.” Un ritorno al passato nella consapevolezza di un futuro che non è ancora arrivato e che giammai potrà essere disgiunto dall’unica cosa che davvero conta, il presente.
Jarmush si prende con comodo i tempi necessari per farci adeguatamente assaporare il retrogusto di solitudine connesso nei risvolti della sua cronaca, affrontando con levità la materia in quel suo trasportarci pian piano nel regno dell’incertezza e modulando a piacimento le varie tonalità di un controcanto costituito dai più svariati personaggi femminili che vanno così a formare un quadro eterogeneo di una contemporaneità affrontata con estro ed inventiva (organizzatrici di armadi altrui, comunicatrici tra animali ed umani) oppure vissuta conformemente ad una rigida etica sociale o addirittura intinta nel cristallizzato squallore delle baraccopoli o nel grigiore impietrito d’una tomba.
La macchina da presa s’intestardisce a frugare nei lineamenti del volto scavato di Murray quasi a voler penetrare al suo interno, oltrepassare la soglia dell’imperturbabilità relativa ad una maschera impassibile che non dà dimostrazione di alcun segno di vita emozionale. Soltanto il movimento continuo degli occhi a volte tradisce i suoi sentimenti nascosti, mentre a poco a poco il ritmo blando generato dal suo incedere indolente e malinconico nelle viscere della narrazione s’impossessa completamente della nostra attenzione fino a scuoterci di brutto nel momento in cui la macchina da presa compie una doppia giravolta avvolgente attorno all’asse del nostro eroe preferito. Si, perché i nostri eroi non sono tutti giovani e belli, ma piuttosto attempati e perdenti, specchi della nostra solitudine. Perché quando alle volte i loro fiori appassiscono cala il sipario sulla scena, né vale la pena di affondare il dito nella piaga ed assistere all’ atto finale. Ed allora che cosa rimane di un sogno se non il vuoto assoluto a regnare incontrastato dall’alto dello schermo?

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