Regia di Woody Allen vedi scheda film
Match Point, o fisica e metafisica dell’impunità
Il protagonista dell’ultimo film di Woody Allen, Match Point, è un giovane maestro di tennis e arrampicatore sociale senza scrupoli, che sposa senza amarla una ragazza che nasceva benissimo in una facoltosa famiglia finanziaria londinese, la tradisce con la fidanzata del fratello di lei, si stanca della relazione e, quando l’amante aspetta un bambino e vorrebbe far valere i propri diritti, dal momento che lo ama ancora e lui non fa nulla perché lei si accorga che ormai gli è indifferente e anzi un peso e un ostacolo, lui non esita a ordire un piano diabolico ed efficace per ucciderla, facendo credere che l’omicidio della donna (incinta) e di una innocua anziana vicina di casa sia opera di un balordo tossicodipendente. Per depistare, dopo aver abbattuto entrambe a fucilate, ruba anche i gioielli della vicina, poi getta tutto nel Tamigi, tranne un anello che colpisce il parapetto del ponte e poi rimbalza sulla strada. Match Point: come nel tennis, quando la palla colpisce il bordo della rete, si ferma per un istante e poi cade da una parte o dall’altra, decidendo la partita. Casualità. Un investigatore intuisce la verità e comincia a indagare sul nostro eroe, ora atterrito anche perché nel frattempo la moglie è finalmente riuscita ad avere un bambino e anche il solo sospetto farebbe crollare il mondo addosso anche a lei. Stanno per incastrarlo, come sarebbe buono e giusto se al mondo il match point non lo decidesse il caso, quando un drogato vero rimane ucciso in un tentativo di rapina, nella stessa strada, e gli trovano in tasca l’anello che era rimbalzato sul ponte, e che la vittima provvidenziale aveva trovato lì accanto. Scagionato, l’assassino può tornare alla moglie affezionata, al neonato e alle fortune di famiglia.
Dunque, in questo mondo in balia di una lotteria cieca, della fortuna che subordina a sé il merito e il talento correggendo le percentuali di Machiavelli, in questo mondo disertato dal senso e dalla speranza, non c’è spazio che per le pulsioni elementari e per la sopraffazione. Quadro desolante, simile a quello che emergeva da Crimini e misfatti, con un analogo delitto impunito. Si ha la tentazione di affermare che Woody Allen stia invecchiando male: pur in mancanza di buoni argomenti teleologici e di una qualsiasi teodicea anche laica, come non preferire a quel cinismo la senile apertura a una indeterminata speranza, per esempio, del filosofo Max Horkheimer, che nonostante ogni evidenza dialettica e ogni trionfo della ragione strumentale non sa rassegnarsi al caso, e al male e all’assurdo che ne derivano, e non vuol credere che quella, e solo quella, sia l’ultima parola?
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