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Sin City

Regia di Robert Rodriguez, Frank Miller vedi scheda film

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La recensione su Sin City

di ROTOTOM
8 stelle

Splendido Hard Boiled in salsa pulp, iperviolento e poetico, cinico e disperato, noir superbo e bianco al contrasto, mai mischiati, tagli netti e ombre al negativo si alternano in uno spettacolo visivo che finalmente, riconcilia con la voglia di un cinema da vedere, godere, respirare. Gagliarde e sanguigne come un'erezione mattutina, le storie prese dal fumetto di Miller vengono impastate e rovesciate senza remore sugli spettatori, consci Rodriguez/Miller/Tarantino di realizzare un cult intramontabile. Gli episodi seguono la circolarità senza obbligo di sequenza temporale già cara a Tarantino nel suo Pulp Fiction e snocciolano personaggi estremi, mai completamente eroi, mai completamente negativi, ognuno con una caratterizzazione così precisa, tagliente, così netta da giustificare qualsiasi disgressione horror o fantastica del racconto senza intaccare la credibilità del racconto stesso. Sin City, nera e bianca, sferzata da piogge che ne cancellano i contorni, lame di luce che ne tagliano le forme in squarci autoptici che ne esaltano il carattere malato e straniante, corrotta e dotata quasi di vita propria. Nella città del peccato i personaggi si muovono peccando, uccidendo, tradendo, straziando, smembrando in una lucida follia parossistica ma restando fedeli ad una propria morale che ne giustifica le azioni e che consente loro di sopravvivere oltre ogni immaginabile situazione. Solo pochi accenni al colore, quasi mai a carattere positivo, come se il bianco e il nero fossero la normaltà in quel mondo ribaltato e fumettisticamente bidimensionale. Il rosso è il colore del sangue che sgorga, un letto di morte, un vestito di una vittima. L'azzurro è il colore degli occhi di una traditrice che avvierà un massacro. Il giallo, colore della putrefazione e del male fatto a persona. La tradizione noir sposa il pulp e genera un ibrido, una creatura nuova affascinante e mortale al tempo stesso, bianca e nera al tempo stesso, richiama l'espressionismo di Murnau, il disincanto di Marlowe, l'ottuso eroismo dei supereroi che fanno quel che devono e basta, risorgono le bad girl di Meyer prima e di Kill Bill poi, ragazze con mitra e katana, il tutto mischiato e sorretto da prove di attori convincenti e sentite. Su tutti il Marv indistruttibile e innamorato di Mickey Rourke, nell'episodio più bello e violento, spalleggiato da un mefitico Elijah Wood affrancatosi finalmente dai ruoli pulitini precedenti. Clive Owen e Benicio del Toro si sfidano in una grottesca lotta a polarità invertite. Bruce Willis recita sè stesso, quindi convince nel duro e incorruttibile (almeno lui) poliziotto vendicatore. Rodriguez regista segue pari pari le disperate inquadrature di Miller e le anima di quello spirito ironico e beffardo che stempera la violenza estrema ed esplicita in un esercizio di stile riconoscibile e godibile. Ad incorniciare il tutto la voce fuori campo che sublima i pensieri dei protagonisti sottolineandone i caratteri e le azioni rafforzandone ancor di più l'anima comics.

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