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A Brighter Summer Day

Regia di Edward Yang vedi scheda film

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La recensione su A Brighter Summer Day

di steno79
10 stelle

Voto 10/10 Probabilmente il capolavoro di Edward Yang, ottimo regista taiwanese purtroppo pochissimo noto in Italia (da noi l’unico suo film distribuito nelle sale resta “Yi yi- e uno e due”, che fra l’altro è anche l’ultimo film diretto da Yang prima della sua morte avvenuta nel 2007). Questo “A brighter summer day” cita nel titolo un verso della canzone “Are you lonesome tonight” di Elvis Presley ed è considerato uno dei più significativi film della “New wave taiwanese” insieme a “Città dolente” di Hou Hsiao-Hsien, uscito due anni prima.
La vicenda si svolge a Taiwan nel 1960 e ci mostra una generazione di ragazzi inquieti e insoddisfatti dopo il trasferimento delle loro famiglie dalla Cina divenuta comunista alla nuova realtà sociale dell’isola. Seguiamo in particolare la storia di un quattordicenne chiamato Xiao S’ir che soffre anche lui di questa mancanza di identità e finisce per aderire ad una gang locale, contro il volere della famiglia che sogna per lui un futuro coi fiocchi. S’ir si innamora di Ming, una ragazza che risulta essere la fidanzata di Honey, il leader di una gang rivale in esilio, e anche lei non sembra indifferente alla sua presenza. La lotta fra le bande dei “Little park boys” e dei “217 boys” per il controllo del territorio si fa sempre più cruenta e porta a degli scontri dove diversi ragazzi perdono la vita. Nel frattempo il padre di S’ir che aveva un posto nella pubblica amministrazione viene arrestato e ricattato dalla polizia segreta a causa delle varie amicizie che ancora mantiene con i funzionari cinesi a Shanghai. S’ir viene espulso dalla scuola a causa di diversi episodi di insubordinazione e nella parte finale si avvierà verso un destino sempre più pericoloso e a rischio…
Non è un film facile da seguire per lo spettatore occidentale a causa della durata impegnativa di quattro ore e per l’abbondanza di personaggi secondari e “subplot” che potrebbero risultare sfuggenti… Non è un caso che il critico americano Jonathan Rosenbaum abbia parlato a proposito del film di “a novelistic richness of character, setting and milieu unmatched by any other 90s film” (una ricchezza romanzesca di personaggi, scenari e ambienti non raggiunta da nessun altro film degli anni ’90). Tuttavia, lo sforzo di concentrazione dello spettatore è ripagato da una messa in scena spesso geniale che si avvale del campo lungo o del piano medio, spesso in piano-sequenza, con una notevole maestria, con immagini “distanziate” che guardano chiaramente al cinema di Antonioni e riescono a coreografare azioni elaborate, scontri di gang o vendette con precisione e autentica bravura a livello formale. Il quadro storico-politico della vita taiwanese all’inizio degli anni ’60 è ricchissimo di prospettive e assai interessante, anche se lo spettatore digiuno di storia locale rischia di fare un po’ fatica: emerge un senso costante di alienazione, instabilità e fragilità emotiva che conduce verso uno sbocco tragico, a quanto pare inevitabile nella visione pessimistica del regista (S’ir è cresciuto in una famiglia di rifugiati politici che non riesce davvero ad integrarsi nella realtà taiwanese, da cui deriva il suo costante senso di insoddisfazione e il rifugiarsi nelle pericolose gang giovanili). Fra gli attori, quasi tutti non-professionisti, si nota il debutto di Chang Chen, divenuto col passare degli anni uno degli attori cinesi di maggiore richiamo (ha lavorato fra l'altro in "2046" e "Happy together" di Wong Kar-wai e "La tigre e il dragone" di Ang Lee).  

 

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