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Spell - Dolce mattatoio

Regia di Alberto Cavallone vedi scheda film

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La recensione su Spell - Dolce mattatoio

di scapigliato
8 stelle

Già alla prima visione, “Spell” ovvero “incantesimo” (e il paragone con la nota serie tv mette i brividi per le differenze di accezione), il “dolce mattatoio” di Cavallone ti entra sotto i vestiti e ingigantisce i tuoi pruriti fino a farti sentire pulito anche in un bagno di merda. Con tutte le dovute distanze dalla defecatio, che resta una pratica squallida se contestualizzata all’eros (almeno per me che, pervertito sessualmente lo sono eccome, ma merda e piscio le lascio volentieri fuori), il bagno di merda in cui un buonista bigotto benpensante potrebbe sentirsi sporco è solo un’allusione a quel disagio, quel abbruttimento, quel fastidio che la società addita e punisce, ma che noi, stupendi adoni dell’illecito, amiamo perseguire. Scritto così, il mio incipit sa di confessione perversa. Ma un film come “Spell-Dolce Mattatoio”, detto anche “L’Uomo, la Donna l’Bestia”, non può non liberare ogni freno alla dialettica su ciò che erotizza e ciò che pervertisce o denigra le carni e gli spiriti. Culturalmente accettato come “problema” il sesso, ma anche l’erotismo e il porno, è vissuto come una sporcizia, come un senso di colpa. Inutile tornare a spiegare come il sesso, ingentilimento del cannibalismo, sia una pratica violenta per natura, dove nella penetrazione si risponde alla più primitiva tensione alla sopravvivenza nella riproduzione, ma anche allo sfogo di un bisogno fisico irrazionale che fa più risonanza con il piacere che con l’amore. L’accostamento tra sesso e morte, non è nostro, è una straordinaria intuizione dei padri del pensiero umano. Da qui, anche sesso e violenza resta un’accoppiata con più di una interpretazione e di una direzione. Il film di Cavallone risponde pertanto, con un linguaggio cinematografico eccellente, surrealista ed espressionista nella deformazione non plastica ma percettiva degli interni e degli esterni, compresi volti, corpi e suoni, risponde quindi alla necessità di svelare il tradimento, la menzogna, il grande falso storico della società attraverso la pratica della disinibizione. Il sesso, e tutta la sua libertà di fruizione, è la più grande, la più personale, la più libera e creativa forma di comunicazione, o anche semplicemente di pura libertà. L’affascinante giovane vagabondo che attraversa il povero paese tradizionalista, attraversa anche le sessualità della gente che incontra. Quella della puttana di paese, quella della moglie frustrata, quella criptata di un ragazzino di lui infatuato e credo pure corrisposto, quella omoerotica criptata da lotte a petto nudo e “cameratismi” religiosi, fino alla sessualità pervertita, deviata e folle non tanto della moglie pazza dell’artista comunista, quanto proprio dell’artista stesso, che perirà tra le forbici della stessa pericolosità intellettuale.
L’affondo di Cavallone non centra solo il sesso ma anche le pratiche politiche e sociologiche dell’italietta. Quattro sono i personaggi a rappresentanza dei quattro modus vivendi: l’intellettuale, il contadino, il poliziotto e il prete. É tra loro quattro che s’inserisce deflagrante il giovane e sensuale vagabondo, un attore non disarmantemente bello e fisicato, ma di un’attrazione erotica irresistibile. É lui che ruba la libido ad ognuno dei personaggi, ragazzino e preti compresi. Anche il duro e conservatore-tradizionalista contadino, ipocritamente e falsamente tale, viene rapito dalla pulsione sessuale che il giovane, ovvero “la libertà sessuale” fatta persona, emana anche solo stando zitto, e non potendolo penetrare sublima il suo prurito con la violenza. É come andare in guerra. É come pestare i manifestanti. É come reprimere le folle. La povertà culturale di un’intellettuale, di un contadino, di un militare e di un religioso, è la povertà dell’uomo moderno. Essi stessi sono i quattro cantoni rabbuiati in cui ognuno difende la propria vile bandiera in nome di un quieto vivere che faccia sopravvivere l’apparenza e uccida la sostanza. Ma per ogni vagabondo ipersessuale, o forse ancora meglio “pansessuale”, corrisponde una liberazione di cui godono anche i censori, i repressori, i fascisti dei mille e un manganello. Loro lo sanno bene, e gli sta bene così. I bastardi

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