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Un tocco di zenzero

Regia di Tassos Boulmetis vedi scheda film

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La recensione su Un tocco di zenzero

di giancarlo visitilli
8 stelle

“A volte bisogna usare gli ingredienti sbagliati per ottenere qualcosa di diverso”, specie se per diversità s’intende l’incontro-scontro fra culture, come possono esserlo quella turca e quella greca. Così quest’inattesa opera prima del regista ellenico Tassos Boulmetis, datata 2003, ha portato un ‘sapore diverso’ in queste settimane nelle sale italiane, tutte prese dall’’obesa manciata di candidature’ per film da manuale…
In Un tocco di zenzero, la cucina assurge un compito importante: è il luogo d’incontro culturale, che diventa tale grazie alla sperimentazione-rielaborazione-sincretizzazione dei vari sapori e ricette. Non c’è bisogno di strategie diplomatiche da parte di ‘cuochi’ scelti, perché ci sono ingredienti di per sé portatori di antichi sapori. Non riconoscerlo, equivarrebbe dire che la filosofia non è nata in Grecia e che la Turchia non é l’antica terra dei Saraceni, oppure che non esiste un Oriente e un Occidente (più ideologico che geografico).
Con questi ‘ingredienti’ Boulometis ‘impasta’ la storia della cultura Cristiana e Islamica, mostrando dapprima il loro raffronto e l’impossibilità di una possibile comprensione fra loro, riconciliatesi poi nella tradizione culinaria di Istanbul. Una storia autobiografica che vede il protagonista, Fanis, costretto ad abbandonare Istanbul per Atene con la famiglia, quando aveva appena sette anni, in seguito alla decisione del governo di deportare i greci residenti in Turchia, diretta conseguenza delle tensioni sorte tra cittadini greci e turchi per la contesa isola di Cipro. Sarà la notizia dell’arrivo ad Atene dell’anziano nonno la molla che permetterà a Fanis di ripercorrere le fasi più intense della sua esistenza, dalla nascita a Costantinopoli da padre greco, a sua volta figlio di un droghiere, appassionato di astronomia e gastronomia (“la parola ‘gastronomo’ contiene in sé ‘astronomo’”), alle amicizie che durante la fanciullezza coltivava.
Un tocco di zenzero, dopo aver sbancato i patri botteghini (1.200.000 spettatori per un successo equiparabile solo al fenomeno Titanic), è veramente una bella sorpresa, nel triste panorama delle programmazioni cinematografiche degli ultimi mesi. A dimostrarlo, già il titolo originale del film, Politiki Kouzina, che, a seconda di dove è posto l’accento, ha il doppio significato di “cucina politica” o “cucina della polis”; però, pur mettendo a confronto due culture diverse, in realtà molto più vicine fra loro di quanto si possa dire o immaginare, il film ha il grosso merito di evitare attacchi gratuiti all’una o all’altra parte. E’ un film sincero e sentito, dall’inebriante gusto etnico, che sta a metà tra la “commedia etnica” e un “film culinario”, essenziale dal punto di vista registico,
si avvale di una bella fotografia e di arditi piani sequenza, che ben ci conducono all’interno degli affollati mercati turchi, in cui si ha come la sensazione di annusare l’inebriante odore delle spezie, specie quello acre e molto forte dello zenzero. Molti dialoghi hanno quella caratteristica propria della cultura greca, sapienziali e altamente filosofici (“i viaggiatori in partenza guardano la carta, invece, quelli che stanno tornando gurdano lo specchio), ma anche la freschezza, il colore e l’eleganza della cultura turca, quella essenzialmente orientale (“Non voltarti. Quando ci voltiamo sui binari del treno, quella resta una promessa”).
A metà strada fra The Chocolat e Nuovo cinema paradiso, specie per tutta la parte che riguarda la storia sentimentale del protagonista, Un tocco di zenzero pecca per la cattiva traduzione del titolo originale, che si caratterizza, alla fine, per quella grettezza mentale e tutta europea, che confonde tutto ciò che fa parte dell’oriente con le sole spezie, profumi e sete, senza ancora tener conto della gente. Questa, anche se col tempo (a causa della nostra storica resistenza), c’insegnerà com’è possibile trovare un connubio reale fra astronomia e gastronomia: si tratta di “aprire la propria anima come cozze al vapore”.
Giancarlo Visitilli

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