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Il castello nel cielo

Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Il castello nel cielo

di M Valdemar
8 stelle

Silenzio in sala. Le luci si spengono, sullo schermo appaiono gli inconfondibili tratti della mano (e della mente) di Hayao Miyazaky e sai già che sta per iniziare qualcosa di stupendo ... Esattamente come spera e rivela Pazu, giovanissimo protagonista di un’avventura incredibile non appena vede cadere da chissà dove su dall’alto una ragazzina, Sheeta, che anziché franare al suolo ondeggia soavemente tra le dolci spire d’un carezzevole vento.
Certo, il primo “indizio” già sarebbe l’inconfondibile, cara figura di Totoro, logo dello Studio Ghibli, applicato però posteriormente dato il notevole ritardo dell’uscita italiana - Il castello nel cielo è del 1986 -, a cui, per definire un quadro generale quantomeno assurdo, ci sarebbero da aggiungere le misteriose vicende legate alle edizioni in dvd, per cui chi ne è in possesso o solo a conoscenza è come fosse membro di una setta segreta.
Un grazie sentito, pertanto, alla Lucky Red per la preziosa, coraggiosa opera di distribuzione.
Il mondo di Miyazaky s’adagia leggiadro su una nuvola fluttuante nel firmamento, sospesa nel tempo e nello spazio, remota eppur accessibile, per chi anela l’abbandono a un incanto che nasce dagli sfolgorii visivi e conquista ben presto i più reconditi anfratti dell’animo, trafiggendoli con impareggiabile cura e grazia. Un mondo in cui - nella già classica e indiscussa ottica poetica del Maestro nipponico - si fondono e si corrispondono elementi apparentemente discordanti tra loro, tutti riconducibili comunque alle azioni - spesso deprecabili - dell’uomo nella società moderna. La scienza, usata esclusivamente e con furia cieca come inarrestabile arma squartatrice delle più inconoscibili (e presunte) rivelazioni, ha effetti distruttivi su tutto quello che circonda l‘uomo, e di conseguenza su sé stesso.
La ricerca, continua e libera, per rappresentare l’unione tra natura, esseri umani e tecnologia, passa attraverso il racconto di una storia semplice e rocambolesca come questa, ed ha come necessità primaria l'esplorazione autentica dell’armonia e della bellezza. Ecco quindi che in una dimensione fantastica e favolistica quale è Laputa, città-regno che domina i cieli e il sapere, si possono trovare alberi giganteschi le cui possenti radici abbracciano le arcane e potenzialmente devastanti rocce della conoscenza e vivificano ogni pezzo/membro di una comunità che è organo pulsante e indipendente; si possono incontrare esseri robotici dall’aspetto poco amichevole completamente immersi nell’ambiente, con l’erba che li ricopre ed insetti ed uccelli come compagni di un’esistenza in sintonia con la serenità cosmica.
Una stupefacente creazione di immagini di cui non si può che cantarne mirabilia, in cui volteggiano melodiosamente le magnifiche avventure di Sheeta e Pazu alle prese con pietre magiche dai misteriosi poteri, inseguimenti vertiginosi, voli spettacolari, incontri/scontri con spietati cattivi e pirati fracassoni ma amabili. Sincere pratiche ammalianti che assicurano l’immediato coinvolgimento ed entusiasmo, per quello che è un divertimento intelligente e di qualità, poggiato su basi arcaiche quanto elevate.
Le linee tematiche, sia quelle meramente estetiche sia quelle concettuali, sono semplici, elementari eppure profonde. E profondamente “giuste“. Pongono - e NON impongono - ideali, forse perduti, senz’altro creduti acquisiti e quindi dimenticati, che hanno lo scopo di condividere riflessioni e pensieri, accompagnate dalle musiche incantatrici e suadenti di Joe Hisaishi.
Il castello nel cielo illumina sguardo e cuore, facendoci librare in un’atmosfera straordinaria che ha la densità del Sogno.

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