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Dèmoni

Regia di Lamberto Bava vedi scheda film

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La recensione su Dèmoni

di undying
8 stelle

Un classico dell'horror italiano e ultimo grande esempio di produzione sostanziosa, frutto della collaborazione tra Dario Argento (produttore) e Lamberto Bava (regista). Grande successo di pubblico, che garantisce la realizzazione di almeno tre seguiti (Démoni 2, La chiesa e l'apocrifo Démoni 3).

 

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In arrivo dalla metropolitana di Berlino, Cheryl (Natasha Hovey) ottiene da un uomo mascherato (Michele Soavi) due biglietti gratuiti per assistere alla proiezione di un film in un cinema di nuova apertura, il Metropol. Assieme all'amica Kathy (Paola Cozzo), si reca al cinema per assistere alla proiezione di uno strano horror che inizia con la violazione della tomba di Nostradamus. Nel film viene anche ritrovata una maschera identica a quella esposta all'entrata della sala. Sempre all'entrata, una prostituta prova la maschera ferendosi, per poi mutare in breve tempo fisicamente, assumendo le fattezze di una creatura spaventosa. E' l'inizio di una inarrestabile epidemia, dato che da lì in poi chiunque venga aggredito o ferito dalla ragazza contagiata si trasforma in un demone. Mentre le uscite del cinema vengono misteriosamente sigillate, alcuni spettatori chiusi all'interno tentano di trovare riparo o difendersi.

 

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Dèmoni (1985): scena

 

In una fase produttiva cinematografica italiana ormai fortemente sottomessa all'influenza della televisione (ultima e definitiva destinazione dei film), Dario Argento tenta per la seconda volta la via della produzione, dopo la soddisfacente esperienza con George A. Romero (Zombi, 1978). Guarda a Lamberto Bava, nome al momento di spicco per il genere, dopo il discreto esordio Macabro (1980), il riuscito giallo La casa con la scala nel buio (1983) e già suo braccio destro per via di una lunga serie di collaborazioni (Bava è stato assistente alla regia sia in Inferno che in Tenebre). Il soggetto è scritto da Dardano Sacchetti (poi sviluppato in sceneggiatura anche da Dario Argento, Franco Ferrini e Lamberto Bava) e presenta elementi in arrivo da Zombi (un gruppo di persone assediato: là in un supermercato, qui in un cinema) ben riproposti in un contesto metacinematografico, con avvenimenti angoscianti che si sviluppano su due livelli, al cinema e contemporaneamente nel film in proiezione. Un ritmo indiavolato (è il caso di dirlo) surclassa la debole storia, che dopo i primi minuti cede del tutto posto agli effetti speciali di Sergio Stivaletti e a una colonna sonora praticamente continua e priva di sosta, composta dall'ottimo artista Claudio Simonetti e da brani di eterogeneo tipo, tra i quali alcune hits del periodo.

 

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Dèmoni (1985): scena

 

Forse resta l'unico vero ultimo horror italiano, per dose eccessiva di scene splatter e per una regia dinamica e intelligente che riesce a gestire nel miglior modo possibile una storia evidentemente di poco spessore. Argento non pone limiti eccessivi da un punto di vista economico, tanto che il budget arriva a sfiorare i 3 miliardi e mezzo dell'epoca (sui 2.000.000 di euro) e il buon Bava ha modo di cimentarsi su un set che gli rende totale libertà creativa.

Démoni ottiene un clamoroso successo di pubblico, al punto che - per la prima volta in Italia - il film può contare su un sequel (il quasi remake Dèmoni 2, 1987) e addirittura anche su un terzo capitolo, poi modificato in fase di realizzazione come La chiesa (1989) e destinato alla regia di Michele Soavi, dato che Bava è impegnato nella lavorazione di una serie televisiva Mediaset. Esce anche un apocrifo diretto da Umberto Lenzi, dal titolo Démoni 3 (1991), ma a differenza dei predecessori è frutto di una produzione a bassissimo budget mentre la sceneggiatura è orientata verso il voodoo (con zombi al posto di demoni).

 

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Dèmoni (1985): scena

 

Alle origini del film [1]

 

"C'era questa idea che poi all'inizio era un'altra. Dovevamo fare con Dardano un film a tre episodi di cui uno era Démoni. Non mi piaceva l'idea della trilogia, gli altri due episodi non mi piacevano. Mi son detto: ma questo dilatandolo a film reggerebbe benissimo. L'ho raccontato a Dario, e alla decima parola mi ha detto: si fa, è un'idea. A quel punto ci abbiamo lavorato, come si dovrebbe lavorare sempre sui film, ossia sceneggiatura a quattro mani, anzi no, a quattro persone, a otto mani per quattro-cinque mesi. Si è lavorato seriamente." (Lamberto Bava)

 

[1] Estratto da "Sequenze n. 7 - Rosso Italiano (1977/1987)"

 

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Dèmoni (1985): scena

 

Critica del tempo [2]

 

Alla luce del seguito, ovvero di un progressivo declino delle produzioni di genere horror nel cinema italiano, riportiamo la recensione d'epoca, scritta con lucida e condivisibile analisi dall'esperto di cinema horror (a lui si devono i primordiali e dettagliati "tomi" sulla Storia del cinema dell'orrore), Teo Mora.

 

"Démoni è un grande film; l'unione di uno dei migliori registi e di uno dei produttori italiani più professionali (almeno all'interno del fantastico) ha dimostrato che basta poco per uscire dalla crisi di ripetitività in cui il cinema dell'orrore è caduto negli ultimi anni, che basta sostanzialmente utilizzare effetti speciali a supporto di un soggetto, invece che il contrario (come è il vizio degli americani). Se poi uno ci pensa bene, si accorge che Lamberto Bava e Dario Argento hanno scoperto l'uovo di Colombo: il taglio da video clip della seconda parte del film, il ricorso a una colonna sonora hard (che è del resto un vecchio pallino di Argento), il proporre San Giorgio a cavallo di una motocicletta sono tutte idee non nuove e già usate. La differenza è che in Démoni c'è anche una storia, delle idee di sceneggiatura e la capacità di metterle in scena (tutto il primo tempo si basa sul parallelo tra il film sullo schermo e il film in sala, ma l'idea può reggere soltanto grazie a delle soluzioni di montaggio originali e sempre rigorose), una scenografia inquietante e piena di fascino (Berlino e i richiami all'espressionismo, la maschera diabolica...), la capacità di variare il ritmo narrativo, di inserire stacchi d'atmosfera (le sequenze dei punk che sniffano coca in lattina, ad esempio), di introdurre uno spessore psicologico nei personaggi (la figura, quasi mistica, del cieco), perfino nei mostri (Bava insiste che gli attori devono recitare soprattutto quando sono truccati da demoni, e l'effetto che si ottiene lo dimostra lo stupendo personaggio del travestito). C'è soprattutto la riscoperta che il fantastico non lo si ottiene tanto con l'accumulo dell'effetto gore, ma attraverso la proposta di particolari inquietanti, la ricreazione di un'atmosfera étrange (e i momenti migliori del film sono proprio in queste cose: il giovane col volto parzialmente metallico, la panoramica che rivela un tubo dell'acqua che si chiude su se stesso, la sequenza della fuga per il condotto d'aerazione, la gustosa citazione dell'elicottero da Zombi; la lista potrebbe continuare...). Sono idee, appunto, vecchie come il cinema, ma che la degenerazione degli ultimi anni aveva fatto dimenticare; riscoprendole, abbandonando la via larga del gore per quella stretta dell'impegno, della professionalità e del rigore, Bava ci ha dato uno dei più bei film fantastici dell'ultimo decennio; il fatto che solo due giorni dopo l'uscita del film avesse già un contratto per il seguito, dimostra che la scommessa sua e di Argento è riuscita, che il pubblico è ancora in grado di apprezzare la professionalità e l'impegno, che un grande film fantastico può essere anche un successo di cassetta."

 

 [2] Teo Mora, su Il Patologo

 

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Dèmoni (1985): scena

 

Intervista allo sceneggiatore Dardano Sacchetti 

 

Domanda: Cosa ricorda del film Dèmoni?

 

DARDANO SACCHETTI: "Dèmoni è un mio soggetto e una mia sceneggiatura, ma è stato un progetto travagliato. Piaceva a Lamberto, dovevamo produrlo insieme per conto di Martino; poi Dario, che aveva fatto Phenomena e aveva bisogno di fare un film di recupero, chiamò Lamberto. Dario aveva una sceneggiatura di fantascienza di Cozzi che non lo convinceva. Lamberto gli raccontò Dèmoni, che aveva un altro titolo (Dèmoni fu inventato da Dario) e Dario disse sì. In quel periodo ero in rotta con Dario. Lui mi stimava ma non si fidava di me. Io lavoro con un metodo completamente diverso. Prima pretese l'inserimento di Ferrini (Franco, poi regista di Caramelle da uno sconosciuto, n.d.r.), che non capiva il film e cercava solo di accontentare Dario. Poi, dato che come tutti sanno ho un caratteraccio, Dario mi pagò e mi fece fuori, salvo poi essere richiamato a distanza di qualche mese per un polish finale, ma il deus ex machina del film ormai era diventato Stivaletti con i suoi effetti speciali (apro una parente, come direbbe Totò: durante la preparazione di Dèmoni Michele Soavi, col quale non sono mai andato d'accordo purtroppo per lui e per me, dando retta alle lamentele di Deodato e Lamberto, mi espresse la sua poca stima nei miei confronti. Peccato che lui non sappia che Luigi Montefiori, grande amico e mio estimatore, ha scritto la scaletta definitiva di Deliria nel mio studio prendendo a modello lo schema di Dèmoni (lì un cinema, qui un teatro). La conseguenza di tutto ciò fu che a firmare soggetto e sceneggiatura di Dèmoni siamo in quattro)."

 

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Dèmoni (1985): scena

 

"Finché si credeva al Diavolo, tutto quel che accadeva era intelligibile e chiaro; da quando non ci si crede più, bisogna, per ogni evento, cercare una spiegazione nuova, tanto laboriosa quanto arbitraria, che incuriosisce tutti e non soddisfa nessuno." (EM Cioran)

 

Trailer 

 

F.P. 29/03/2021 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 88')

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