Espandi menu
cerca
The Aviator

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

Recensioni

L'autore

scapigliato

scapigliato

Iscritto dall'8 dicembre 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 137
  • Post 124
  • Recensioni 1361
  • Playlist 67
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su The Aviator

di scapigliato
8 stelle

Con il miglior Martin Scorsese, ritornato alle “visioni” dei suoi film più belli, ci viene regalato un grandissimo Leo Di Caprio che conferma quanto ho sempre pensato di lui, nonostante la critica l’abbia messo ogni tanto alla berlina. Fin da “Basketball Diares”, passando per “Buon Compleanno Mr. Grape”, e a “The Beach”, assolutamente da rivalutare, Di Caprio è sempre riuscito ad essere un’unica, sola e importantissima cosa: diretto. Anche in “Pronti a Morire”, dove il mio Gene Hackman lo seccava senza pietà, e in “Romeo+Giulietta”, è spassoso. In “Gangs of New York” già cede il passo ad un cattivone carismatico come Il Macellaio Day-Lewis, e in “Tinatic” è stritolato dalla grandezza del film. Ma con “The Aviator”, complice uno Scorsese dei migliori, Di Caprio ha potuto liberarsi maggiormente ed essere ancora più diretto. Qui, è talmente bravo, che non gli staccheresti mai gli occhi di dosso!
Alla fine del film molti lamentavano la lunghezza. Ma Signori, questo è Scorsese. Dilatare il tempo, amplificare i particolari e i volti, fan parte del suo linguaggio, che se non è quello contemplativo di Herzog e Olmi, è quello esistenziale di chi comprende fino all’ultimo secondo l’importanza di un istante. Si dice che il suo cinema sia quello dell’individuo che crolla davanti al sistema, ma non credo s’intenda una sconfitta. Perchè cadere davanti al sistema ha qualcosa di eroico e dignitoso nel suo intimo, che la massa non comprenderà mai. Solo Howard Hughes può capire cosa vuol dire avere delle immagini cinematografiche proiettate sul proprio corpo nudo e delirante. É malattia, è autodistruzione, è follia pura... chiamatela come volete, ma quella che il grande Scorsese ci ha raccontato da “Taxi Driver” in avanti è pur sempre una ribellione sana e giusta, che cozza con il Grande Paese delle Libertà. Tant’è che il senatore Brewster/Alda, nelle sue accuse a Hughes durante le udienze, assume per il 90% delle scene una postura inequivocabile: indice destro puntato contro un soggetto preciso. Ricorda solo una cosa: il vecchio Zio Sam, l’America. Finchè esisteranno governi che con la repressione, la cultura e il costume da regime, continueranno a dirci come dobbiamo vivere e pensare, o cosa sia giusto e cosa no, allora ci saranno sempre più Howard Hughes pronti a sfidare questi governi. E se il prezzo è la pazzia e l’isolamento dignitoso, be’ allora Signori... ordinatemi un’isola tutta per me.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati