Regia di Richard Kelly vedi scheda film
Richard Kelly conosce Stephen King. Quello, e sicuramente anche il cinema del passato(soprattutto David Lynch), e le sue citazioni colpiscono per l'intelligenza con cui vengono usate(il cognome della Sparrow che rimanda alla "metà oscura", la madre di Donnie che legge "It"-buon esempio di storia di formazione mischiata ad elementi sovrannaturali, fino all'aereo che passa attraverso il tempo come quello dei Langolieri-sempre King-, o il coniglio Frank che strizza l'occhio al pooka di Harvey). Donnie Darko è probabilmente il più riuscito e coinvolgente esempio di "film coraggioso" che negli ultimi tempi il cinema americano abbia prodotto: coraggioso nel modo in cui gioca col genere senza cercare di compiacere il pubblico, coraggioso per il fatto di trattare tematiche come la morte, la ricerca di un'identità, Dio, il significato del male e della distruzione nel mondo(quello che dice Donnie a proposito del racconto di Greene), la sensazione di smarrimento davanti alla vita, il modo in cui l'ipocrisia regna sovrana su cose e persone, ed il modo in cui forse determinati eventi negativi possono portare alla luce mutamenti positivi(quando Donnie segue le azioni distruttive suggeritegli da Frank, i risultati sono positivi e rivelatori). Il finale, poi, sospeso ed aperto a diverse interpretazioni(la più coerente sembra quella dell'universo parallelo) è amaro e al tempo stesso destabilizzante, come se il pubblico fosse stato chiamato a fissare per un attimo l'occhio nelle profondità dello spazio/tempo, della morte, dell'universo che ci soverchia ma del quale al tempo stesso facciamo parte in un perpetuo interscambio tra vita e vita, e vita e morte, nel quale Donnie alla fine si "perde" con una risata, ma senza che lo spettatore riceva una risposta conclusiva su quale sia il suo destino ultimo(per quanto il finale ci mostri chiaramente cosa gli capita, i confini tra vita e morte nel film non sono certo definiti nè irreversibili).
Opera complessa, quindi, girata con lo stile di un film per adolescenti, ma con l'anima di un'opera complessa, adatto quindi alla visione più superficiale, quanto a quella più attenta e riflessiva di un pubblico che ama porsi delle domande, e mettersi in discussione.
ottimo il cast, in corale stato di grazia, capitanato dal giovane Gyllenhaal, già estramente simpatico e promettente. Ottima anche la colonna sonora, e sorprendente l'età del bravo regista Kelly. Sicuramente un cult del presente e del futuro.
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