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Occhi di cristallo

Regia di Eros Puglielli vedi scheda film

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La recensione su Occhi di cristallo

di undying
8 stelle

Una scheggia impazzita (in senso positivo) di cinema giallo che sembra arrivare direttamente dagli anni Settanta. Puglielli gira un solido thriller, supportato da un convincente cast tecnico-artistico.

 

locandina

Occhi di cristallo (2004): locandina

 

Una serie di feroci delitti, che trova la sua massima espressione di violenza con lo sterminio di una coppia e un voyeur, è caratterizzata da indizi che inducono a circoscriverne il colpevole come un possibile cacciatore. L’assassino, in una delirante e feroce azione distruttiva, preleva dai cadaveri alcune parti del corpo: un seno, le braccia, una testa. Incaricato di seguire le indagini, l’ispettore Amaldi (Luigi Lo Cascio) si immerge il più possibile nella mente del killer, mentre contemporaneamente instaura un rapporto affettivo con la giovane studentessa universitaria Giuditta (Lucìa Jimenéz), ultimamente turbata da ripetute e continue minaccie telefoniche. Alcuni indizi dirottano l'attenzione di Amaldi nel campo della tassidermia, dato che l’autore dei delitti manifesta, oltre a una certa erudizione (sviluppata attorno all’alchimia), una rara abilità chirurgica. La possibile soluzione ruota attorno all’ex agente di polizia, Ajaccio (Simòn Andreu), ora ricoverato in ospedale a causa di una malattia in fase terminale.

 

scena

Occhi di cristallo (2004): scena

 

L’ambientazione in una città indefinita (nella realtà, Sofia), gli esterni ambientati nel porto abbandonato, i ricordi del poliziotto destinato a un atroce destino, le crudeli, realistiche, sequenze del primo delitto (che ricordano, per modalità, quelle del "mostro di Firenze"), le musiche romantiche, ben inserite nel contesto narrativo, fanno di Occhi di Cristallo uno degli ultimi veri esempi di giallo italiano. A suo tempo apparentato al cinema di “genere”, forzatamente inserito in coda al filone derivato dai modelli alti di Argento o Bava, il film di Puglielli osa dove anche i più affermati autori di horror internazionale, in quegli stessi anni (2004), si fermano (da Craven ad Argento, passando per Hooper). Anticipando l'imminente ondata francese dello "splat-pack", il regista non ha timore di mostrare dure sequenze con risalto di dettagli macabri (le amputazioni e le ferite dei cadaveri), crea un clima di tensione insopportabile e terrificante, rielabora in maniera del tutto personale alcuni concetti del cinema di genere (l’assassino svelato solo alla fine), inserendo elementi di indagine propri di una cinematografia thriller più recente, derivati da pellicole tipo Seven e Manhunter (per l’identificazione dell’ispettore nella mente del killer), da I Fiumi di Porpora (la scritta sul muro col sangue) e, infine, per la componente esoterica da Balaguerò (Nameless, Darkness). Se alcune situazioni riportano alla memoria Dario Argento, lo si deve probabilmente alla sceneggiatura di Franco Ferrini (abituale collaboratore del regista capitolino), qui ispirato da un bel romanzo di Luca Di Fulvio (L'impagliatore). Non può poi sfuggire all'attenzione del cinefilo un finale (con il corpo che precipita in mare dall’alto dell’orfanotrofio abbandonato) che vuole essere chiaro omaggio a due pellicole di Lucio Fulci (Non si sevizia un paperino e Sette note in nero). Peccato che la direzione intrapresa da Puglielli sia stata in seguito del tutto diversa, vanificata da una situazione produttiva italiana particolarmente critica che lo ha costretto a sprecare il suo indiscutibile talento costringendolo a lavorare per opere destinate al piccolo schermo. Contributo non indifferente, alla felice riuscita di Occhi di cristallo, lo hanno dato anche Luca Coassin (direttore della suggestiva fotografia) e Francesco Gener (autore della stupenda colonna sonora). Siamo di fronte a una scheggia impazzita (in senso positivo) di cinema post-Duemila che ci riporta agli anni migliori (Settanta) del giallo italiano.

 

Luigi Lo Cascio

Occhi di cristallo (2004): Luigi Lo Cascio

 

Critica 

 

"Occhi di cristallo è il secondo film professionale di Puglielli, un lavoro piuttosto costoso, tratto da un giallo di Luca Di Fulvio, che esprime l'amore del regista per horror e thriller. La sceneggiatura è di Franco Ferrini, Eros Puglielli e Gabriella Blasi. Protagonista è Luigi Lo Cascio nei panni di un detective che dà la caccia a un serial killer ossessionato da problemi infantili. Gli altri interpreti sono Lucia Jimenez, José Angel Egidio, Simón Andreu, Carmelo Gómez ed Eusebio Poncela. Il film viene lanciato a Venezia, tenta di omaggiare Fulci e Argento, ma non ottiene molti consensi perché sembra pensato per il piccolo schermo. Occhi di cristallo ci è piaciuto parecchio, sia per le innovazioni visive che per la cura nel riprendere particolari e scene macabre, senza mai rinunciare a una fotografia artisticamente ben concepita. Puglielli riprende con poesia una periferia degradata, gira primi piani su vermi e pellicani, inquadra corpi massacrati da un folle killer gettati nelle zone abbandonate della città. La colonna sonora è molto suggestiva, pare un coro da tragedia greca che accompagna un crescendo di orrore e violenza. La psicologia dei personaggi è ben caratterizzata, perché se il serial killer soffre di traumi infantili, anche la psiche del poliziotto non è immune da problemi dopo la morte violenta della sua fidanzata. Gli omicidi efferati rappresentano la connotazione horror della pellicola: lame che squarciano carni, corpi fatti a pezzi, bambole orrende costruite con parti di corpi umani, scritte con il sangue, braccia spezzate e orribili imbalsamazioni. Puglielli dimostra grande cura formale e attenzione verso i particolari, eccede in primi piani, realizza una suspense palpabile che obbliga lo spettatore a seguire la pellicola sino all'ultimo fotogramma. In molte sequenze è presente lo stile di Dario Argento per l'uso continuo della soggettiva, ma anche la citazione di Lucio Fulci viene fuori dal modo in cui il regista riprende le scene di morte. Puglielli alterna parti poetiche e una fotografia intensa a sprazzi di macabra crudeltà, mettendo in scena la follia di un serial killer ossessionato dalle bambole dopo aver passato l'infanzia in orfanotrofio. Sono da ricordare anche alcune interessanti parti erotiche che vedono protagonista un'affascinante Lucia Jimenez, ma soprattutto un incubo a occhi aperti del poliziotto che dopo aver fatto l'amore immagina il corpo della ragazza orrendamente massacrato. Il mistero viene risolto grazie agli occhi di vetro che il killer comprava per mettere nel viso delle vittime trasformate in bambole. Il finale è ricco di tensione. (...) Una spettacolare sequenza mostra il corpo del killer che si sfracella sulle scogliere e finisce in mare. Gli occhi di cristallo e il fumo dell'incendio campeggiano nella sequenza che apre ai titoli di coda. Un buon lavoro, che meritava maggior fortuna e attenzione da parte della critica."

(Gordiano Lupi) [1]

 

"A prima vista, l'esordio nel genere di Eros Puglielli potrebbe apparire come un'operazione di manierismo citazionista, tante sono le fonti alle quali si abbevera. Da una parte adotta l'involucro thriller statunitense o contemporaneo, omaggiando la messa in scena di Seven di David Fincher (1995) - nelle atmosfere piovose, nelle scene del crimine in stanze buie, composte secondo modalità rituali e corredate da scritte con il sangue - e prelevando da Il silenzio degli innocenti (1991) la sequenza dell'ispettore accorso nel luogo sbagliato, con lo spettatore ingannato dal montaggio. Dall'altra ammicca ai classici, con la tassidermia debitrice a Psyco di Alfred Hitchcock (1960) e il background dell'orfanotrofio simile a quello collegiale dell'iberico Gli orrori del liceo femminile di Narciso Ibáñez Serrador (1969). Infine rievoca la tradizione thriller dell'età dell'oro tra bambole e manichini baviani, assassini che precipitano da una scogliera (Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci) e un campionario di dettagli sull'occhio, feticci accarezzati e astrattismi topografici debitore a Profondo Rosso di Dario Argento, il cui L'uccello dalle piume di cristallo è persino richiamato nel titolo (scelto a dispetto degli iniziali Occhi di vetro e Vitriol). Puglielli, però, rifiuta l'approccio meramente citazionista, scarta dai modelli con una prova registica di coraggio espressivo e rompe il monopolio cine-televisivo dell'immagine thriller italiana del nuovo millennio, affondando colpi ben assestati e rivelatori di un'estetica personale. Graficamente, il film propone una violenza marcata e sempre indirizzata al doppio shock: visivo (l'amputazione della dottoressa Cerusico, lo straordinario make-up degli arti mozzati e posti sempre in primo piano) ed emotivo, con il cadavere della Cerusico in spiaggia, possibile omaggio a Macchie solari di Armando Crispino, in stridente contrapposizione alle immagini di una natura accogliente e la suspense poggiata su deserti paesaggi in interni. Stilisticamente, la macchina da presa scardina l'abituale grammatica di genere alternando, in base all'esigenza, movimenti di macchina fluidi in steadycam, prospettive dal basso e improvvise accelerazioni isteriche in macchina a mano e otturatore veloce (l'inseguimento iniziale), a lambire il videoclip senza sprofondarvi. Il ritrovamento dei cadaveri e il duplice delitto iniziale - sul modello di quelli compiuti dal "mostro di Firenze" - affermano la nascita di un nuovo sguardo al nero, capace di ragionare su quelli che lo hanno preceduto, per riformularli in chiave autoriale. Tuttavia, è in sceneggiatura che Occhi di cristallo sbanda a più riprese confermando, anche in negativo, la prossimità al modus argentiano. Adattando il romanzo L'impagliatore di Luca Di Fulvio, Puglielli e il veterano Ferrini (proposto dai produttori di RaiCinema e Cattleya) perdono progressivamente la misura dei dialoghi e il filo conduttore dell'intreccio. Se il diffuso senso di disillusione e il microcosmo morboso di personaggi oscuri attestano l'efficacia dell'aspetto 'a sensazione' dello script (tra un presente torbido e un passato traumatico restituito in forma gotica negli incubi dell'anziano detective Augusto Ajaccio, interpretato dal mestierante anni '70 Simón Andreu), la mancanza di coerenza negli snodi delle indagini e nei percorsi deduttivi mette a nudo un meccanismo imperfetto. Coprodotto con Spagna, Gran Bretagna e Bulgaria - come dimostrano il geograficamente variegato cast e l'utilizzo di Sofia come cupa location urbana - Occhi di cristallo viene presentato alla 61ª Mostra del Cinema di Venezia nella sezione di mezzanotte, per poi transitare in sordina nelle sale italiane."

(Claudio Bartolini) [2]

 

"Uno dei migliori thriller degli ultimi anni è Occhi di cristallo (2004) diretto da Eros Puglielli, un thriller di stampo argentiano che non delude le aspettative dei fan del genere, pur rinnovandone gli stilemi con un taglio visivo moderno e personale. Tratto dal romanzo L'impagliatore di Luca Di Fulvio, il film è incentrato sulle atroci imprese di uno spietato e imprendibile serial killer, che colpisce a ripetizione con un delirante rituale finalizzato alla costruzione di una macabra bambola umana costruita con pezzi di cadavere. Da Argento, Puglielli riprende la topografia indefinita della città dove si svolge la storia e alcuni omicidi, tra cui spicca soprattutto quello dell'antiquaria che viene uccisa con il sottofondo di una musica lirica. Una delle immagini finali, invece, è una citazione da Sotto il vestito niente di Carlo Vanzina, scritto come questo da Franco Ferrini. Indovinata la scelta del protagonista Luigi Lo Cascio, nel ruolo di un commissario tormentato dal proprio passato e preda di improvvisi attacchi di violenza, mentre tra gli interpreti secondari si ritrova Simòn Andreu, non dimenticato protagonista del thriller italiano degli anni Settanta." [3]

(Antonio Bruschini e Antonio Tentori)

 

 

Visto censura [4]

 

Il 19 maggio 2004 Occhi di cristallo ottiene nulla osta n. 98054, potendo essere visionato solo da un pubblico maggiore di 14 anni "in considerazione delle numerose scene di truculenta violenza che potrebbero spaventare e quindi fortemente impressionare la sensibilità dei minori, con immagini orripilanti che l'animo impauribile non potrebbe dimenticare."

 

Metri di pellicola accertati: 2940 (106'30" a 24 fps).

 

 

NOTE

 

[1] "Storia del cinema horror italiano - Da Mario Bava a Stefano Simone", vol. 5 (Edizioni Il Foglio), pag. 153 - 154 - 155.

 

[2] "Il cinema giallo-thriller italiano" (Gremese), pag. 200 - 201.

 

[3] "Guida al cinema giallo e thrilling all'italiana" (Profondo rosso edizioni), pag. 346.

 

[4] Dal sito "Italia Taglia".

 

Lucía Jiménez

Occhi di cristallo (2004): Lucía Jiménez

 

"Gli omicidi hanno sguardo freddo, immobile, l'occhio sanguigno, naso sovente aquilino, adunco, sempre voluminoso, robuste mandibole, larghi zigomi, crespi e abbondanti i neri capelli, frequente e scarsa barba, denti canini sviluppatissimi, labbra sottili, nistagmo e tic unilaterali del volto, che dànno espressione di sogghigno e minaccia."

(Giuseppe Antonini)

 

Trailer

 

F.P. 17/07/2023 - Versione visionata in lingua italiana, dvd 01 Distribution 

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