Regia di Robin Hardy vedi scheda film
Il fatto che “The Wicker Man” non abbia avuto una regolare distribuzione nel nostro Paese e che il mercato home video (sempre con riferimento all’Italia) non abbia ancora sopperito a questa mancanza, è a dir poco oltraggioso.
Colpa forse del flop del sottovalutato remake del 2006?
Quali che siano i motivi, l’aver condannato un film così bello ad una visibilità pari a zero è uno dei più grandi torti che siano stati fatti al cinema horror.
Fortunatamente, qualche canale satellitare lo ha salvato da un totale oblio, ma l’opera è ancora immersa in un’ombra del tutto immeritata.
E quali sono invece i meriti di “The Wicker Man”? In primis il coraggio e l’audacia con le quali flirta con generi che giocano a rincorrersi, avvinghiarsi, intrecciarsi e combinarsi, dando corpo a un film che ho definito horror per convenzione, ma che in realtà è – nel suo essere avanguardistico – inclassificabile. A titolo esemplificativo, si noti come nel suo sviluppo rientrino addirittura dei siparietti musicali (la sequenza della danza/seduzione di Britt Ekland è stracult).
Un’opera atipica, terrificante nonostante completamente ambientata sotto la luce del sole.
Sono in molti ad avervi scorto parallelismi con il passato colonizzatore del Regno Unito; in virtù della suddetta affinità, il protagonista – anche e soprattutto in ragione della propria fortissima adesione alla religione cattolica – sarebbe portatore e garante dell’ordine morale in un mondo (Summerisle) che ne è privo, ancorato a valori e tradizioni arcane quanto obsolete, prive insomma di quella supremazia culturale della quale invece il sergente Howie si fa portavoce.
Oltre a questo aspetto, a contare è però soprattutto quell’onirica atmosfera da circo degli orrori che pervade tutta la pellicola e dalla quale scaturisce un miracolo di alchimia tra tematiche e archetipi volto ad elevare autentiche o fittizie radici folkloristiche a elegia del grottesco.
La tanta ironia rende paradossalmente il tutto ancora più straniante e disorientante, generando un incubo che non fa leva su paure individuali o collettive, ma che invece spaventa in virtù della propria stravagante e deforme assurdità.
Narrativamente parlando “The Wicker Man” vive di un climax che culmina nella lunga e sconcertante sequenza della cerimonia, culminante a sua volta in un epilogo shock che anche a distanza di decenni lascia ancora senza parole.
Al di là di quanto detto finora e degli ulteriori fiumi di parole che mi verrebbe voglia di mettere nero su bianco per glorificarlo, trattasi di un film quasi impossibile da raccontare o – per meglio dire – da “spiegare”.
Più che semplice cult movie, trattasi di un capolavoro che – non a caso – ha lasciato tracce culturali negli anni a venire (gli Iron Maiden omaggiano “The Wicker Man” in una canzone dall’omonimo titolo) e ha l’immancabile presenza di Christopher Lee come ciliegina sulla torta.
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