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Vento di terra

Regia di Vincenzo Marra vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vento di terra

di MarioC
8 stelle

Il cinema di Vincenzo Marra, sempre estremamente coerente (sia pure con qualche passaggio più sfocato, come L'ora di punta), tocca probabilmente il punto più alto con Vento di terra.

Dramma di esasperato ed esasperante realismo, rispetto al quale si sono azzardati accostamenti suggestivi, ad esempio con la poetica del verismo di Giovanni Verga, l'opera ha una sua intima purezza. A partire dalle immagini che la aprono e chiudono: carrellate su una Napoli che sembra immobile nella sua bellezza fosca e  sempre un po' stuprata.

Ed immobile è il destino di Vincenzo (l'ottimo Vincenzo Pacilli), stretto tra le spire di legittime aspettative che fanno a pugni con una quotidianità incapace di dar loro corso.

Non è affatto un un film sulla miseria, Vento di terra; piuttosto è un canto luttuoso sull'impossibilità di liberarsi delle catene esistenziali e dei legami ancestrali, più forti di una volontà pur tenacemente aggrappata al desiderio di cambiare.

Marra procede per segmenti, segnati da improvvise dissolvenze al nero (che quasi sembrano suggerire uno straniante senso di continuità nella disperazione): il lungo prologo familiare, quel calore del desco sempre un po' precario, ed infatti destinato a finire presto e drammaticamente; la ricerca di una propria via, che garantisca rapidità alla elaborazione del lutto, fosse pure eticamente biasimevole; la scelta di una strada alternativa nell'Esercito, quasi a voler irreggimentare il disagio  che esplode dentro (e qui il regista, con pochi ed azzeccati tocchi, comunica tutta l'assurdità di un rituale che ti incasella quale divisa e non quale uomo); il ritorno forzato alla famiglia, che dischiude nuovi orizzonti di degrado, stavolta pienamente subito; infine la malattia, portato causale delle precedenti scelte di vita.

E' proprio quest'ultima parte quella più tirata via, un po' affrettata, forse meno riuscita. E tuttavia Marra ha il merito di non operare chiusure definitive. Nell'ultima scena vediamo Vincenzo su un divano, pallido e sofferente, ancora, e forzatamente, un bambino, che ha smarrito (forse) l'orizzonte di un qualche futuro.

Ultima dissolvenza: e Napoli è ancora lì, matronale e impassibile. Il vento di terra non sposta le cose.

 

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