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Eros

Regia di Wong Kar-wai, Steven Soderbergh, Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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La recensione su Eros

di FilmTv Rivista
6 stelle

Pensato come omaggio a Michelangelo Antonioni e al tema principe del suo cinema, l’amore, Eros mette in gioco sullo stesso argomento tre sensibilità molto diverse come quelle di Wong Kar-wai, Steven Soderbergh e dello stesso Michelangelo. E ha almeno un merito complessivo: fotografa bene l’effettiva incisività poetica, oggi, dei tre cineasti. Sottolineiamo “oggi” perché è evidente come l’Antonioni del Grido o dell’Avventura resti un pianeta irraggiungibile anche, paradossalmente, per se stesso. Wong, però, si avvicina per complessità e ispirazione a quel pianeta. Il suo episodio, intitolato La mano, racconta di una prostituta d’alto bordo che per assicurarsi i servigi di un giovane sarto lo accarezza fino a farlo impazzire di piacere, certa che la percezione di quel piacere gli resterà per sempre attaccata alla pelle. Della sfera erotica l’autore racconta quindi l’aspetto apparentemente più carnale, in realtà legato alla memoria e al desiderio. Se il desiderio dell’atto erotico sarà reiterato nel tempo diverrà eterno, e l’eternità dell’amore, lo sappiamo da In the Mood for Love, è la sola utopia possibile. Immerso nello stile impressionista che ormai contraddistingue Wong, La mano riesce a comunicare allo spettatore quelle emozioni che il freddo manierismo di 2046 negava. E torna a dirci di un erotismo che non può essere relegato alla dimensione cerebrale, ma o è “pelle” o non è. Il secondo episodio, Equilibrium, sottolinea a sua volta lo stato delle cose sul suo autore, Steven Soderbergh. Il quale qualunque cosa diriga la dirige benino (tranne le pessime scene d’azione di Traffic) ma con piglio scolastico, senza guizzi particolari, rimestando in formalismi (il bianco e nero di questo episodio, l’incedere psichedelico di L’inglese, il digitale traballante e tracotante di Full Frontal) che mascherano male la sua superficialità. Equilibrium racconta la bizzarra seduta di psicanalisi tra un uomo che sogna una fanciulla e un dottore che finge di ascoltare ma in realtà spia una donna dalla finestra. Atmosfera lieve e grande prova dei due attori, Robert Downey Jr. e Alan Arkin. Infine, Antonioni. Il filo pericoloso delle cose racconta della gita in Toscana di una coppia in crisi. Lui incontra un’altra donna, che ama in maniera divorante. Diciamolo, perché tanto tutti lo pensano: questo episodio di Eros è imbarazzante. Dello sguardo di Michelangelo non c’è nulla, anche se la ricercatezza delle immagini è evidente. Ma invece di giocare sui vuoti li si riempie di un paesaggio, quello turistico della Toscana, che nel suo dolce declinare vorrebbe forse far pensare alle forme di una donna che ci accoglie. Purtroppo, è solo una visione zeffirelleggiante. E il discettare “alto” sull’amore, la passione, l’erotismo, attraverso l’abissale incomunicabilità tra uomo e donna, sa tanto di retorica lontana dalla verità certo complessa dei sentimenti. Il filo pericoloso delle cose è scritto con una presunzione di poeticità o letterarietà, della quale è complice il co-sceneggiatore Tonino Guerra, che contribuisce a rendere il film stucchevole e pomposo.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 51 del 2004

Autore: Mauro Gervasini

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