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Collateral

Regia di Michael Mann vedi scheda film

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La recensione su Collateral

di Kurtisonic
6 stelle

In Collateral, Mann sposta nettamente lo sguardo dall'ambientazione scenica ai personaggi. Uno degli elementi di notorietà del film sono le riprese in digitale, in alta definizione della Los Angeles notturna, mai così ben visibile e a dispetto dell'oscurità per niente cupa e misteriosa. L'ambiente perde ogni rilevanza scenica, per esempio in Manhunter lo sfondo assumeva un vero e proprio ruolo di personaggio, raccontava nei silenzi, descriveva nei segni, comunicava in profondità senza esplicitare troppo. Invece in Collateral è quello che ti aspetti, niente altro, potremmo essere in qualsiasi metropoli del pianeta e l'effetto visivo sarebbe lo stesso. I personaggi sono due, Vincent (T.Cruise), killer che in una notte deve uccidere cinque persone, e Max (J.Foxx), un tassista che viene sequestrato dal killer e costretto a fargli da autista. Ancora prima dell'intuibile gioco delle parti con relativo scambio di ruolo, l'inizio della vicenda è preoccupante: un'avvenente avvocatessa sale sul taxi di Max per un breve tragitto, in cinque minuti cinque con un brillante scambio di battute si viene a conoscenza di tutto ciò che li riguarda, cosa li anima e cosa li turba, ci si cala in confidenze  e in dialoghi inconfessati prima, che segnano un promettente inizio relazionale fra i due. La fiction è una delle più grandi illusioni esistenti ma a questo punto Vincent doveva irrompere sul taxi e ammazzare almeno il tassista...Niente di tutto questo e il film parte in quarta per la sua missione di morte lungo tutta la notte. Passi lo scambio di ruolo che in parte si realizzerà e che conseguentemente offrirà lati buoni e meno buoni dell'uno e dell'altro (in un altro film la chiameremmo ruffianeria), sforziamoci di credere che possa esistere ancora un adulto negli USA del 2004 che vagheggia il sogno americano, immaginandosi un futuro radioso mentre lavora come uno schiavo,(Max dice che a lui piace lavorare di notte, beato lui). Ma quando Max è direttamente coinvolto e testimone dell'efferatezza del killer, sul taxi in fuga, apre dei siparietti socio-filosofici passando in un amen da uno stato d'animo terrorizzato a uno immediatamente ispirato e positivo ai confini della conquista della felicità. E' troppo anche per un action movie, se Mann vuole costruire la trasformazione in qualcosa dell'altro non ci riesce, non è verosimile, come non è nemmeno così dichiaratamente inverosimile per essere accettabile. Il killer non ammazza Max quando sarebbe opportuno farlo, per un freddo calcolo o per una reazione fuori controllo, è una carogna ma la sua spietatezza è in qualche modo socialmente comprensibile, il tassista diventa una belva ma per farla finita e per andare fino in fondo compie un cappottamento evangelico, giusto per sopravvivere e correre dalla bella avvocatessa. Un paio di scene, quella al jazz club e la sua situazione "tarantiniana", la sparatoria nella discoteca, sono emotivamente intense e corroboranti, la colonna sonora è trascinante, ma l'impressione generale è quella di stare davanti a qualcosa di già visto. Peccato, Mann sa fare di meglio.

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