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La febbre del sabato sera

Regia di John Badham vedi scheda film

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MarcoMoroni

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La febbre del sabato sera

di MarcoMoroni
9 stelle

Quando parliamo di un film come questo, spesso lo facciamo dandogli la qualifica di cult. Ed è assolutamente dovuto.

Questo film non è un culto solo per i ragazzi che lo videro allora. I numeri di danza di Travolta, le canzoni, sequenze memorabili meravigliosamente impressionate: sono tutti elementi che ormai sono scolpiti nell'immaginario collettivo e sono arrivati fino a noi, ancora forti e pulsanti come allora.

Un film che è, senza ombra di dubbio, un vero mito che ispira e si estende a più di una generazione.

Ma è davvero tutto qui? Si può esaurire il discorso sulla Febbre con i frammenti consegnati al mito del Cinema? Si può davvero concludere il discorso bollando il film come cult? Può essere qualcosa di più?

Certo, non ci troviamo davanti ad un film perfetto ed incontestabile. Tanti sono gli aspetti che possono essere contestati. La colonna sonora è frutto del periodo disco dei Bee Gees, che sebbene sia il più noto è contemporaneamente il peggiore del gruppo. Nonostante abbiano contribuito a plasmare l'atmosfera del film (oltre ad essere entrate nel mito con esso) e nonostante abbiano contribuito alla formazione del disco - sound anni '80, le canzoni che la compongono sono ben lontane dalla definizione di  "classico intoccabile" e possono vantare una considerevole serie di detrattori. A livello di sviluppo di trama, alcuni personaggi sono lasciati un po' indietro e diversi passaggi della storia sono troppo lenti o supreflui.

Quindi, il film è imperfetto, la colonna sonora, nonostante il fascino che può emanare, musicalmente non è nemmeno lontanamente accostabile ai grandi classici del genere musicale. Ma, nonostante ciò, è ingiusto non riconoscere alla Febbre i suoi giusti meriti. Poichè questo film è un autentico caposaldo, che reinventa e detta delle nuove regole.

Il personaggio di Travolta riprende e porta avanti il discorso hollywoodiano riguardo la figura macista, sostenuto da divi come Marlon Brando e Steve McQueen ed interrotto dalla fase anti-divistica della new Hollywood, rappresentata da divi come Gene Hackman. Ma Travolta non si limita a riprendere il discorso interrotto; costruendo il personaggio porta alla figura del macho hollywoodiano una considerevole ventata d'aria fresca, aggiungendo al suo Tony Manero un tocco "a la Rodolfo Valentino", costruendo una sintesi nuova e più vicina ai canoni attuali.

Con la Febbre parliamo, inoltre,  di un film che ha dato, praticamente, i natali ad un genere e, assieme ai film degli anni '80 (come il suo seguito Staying alive, Flashdance, Footloose), ha contribuito a forgiarne i canoni. In questo film del 1977 sarà già possibile trovare tutti gli elementi tipici del genere dance-musicale. Dalla struttura della trama (con le sue svolte) ai suoi tipici protagonisti. Insomma, il meccanismo del genere appare già chiaro e compiuto: il concorso, i protagonisti agli antipodi (socialmente e caratterialmente) che uniscono le loro forze e i loro stili di danza per vincerlo, l'amore che li unirà durante il percorso, la vittoria del concorso.

Insomma, la formula che ora viene ripetuta fino allo sfinimento da film come dance musical Step Up, qua viene totalmente stabilita e consolidata. Fino al finale.

Di sicuro la Febbre è ricordata per le esibizioni di danza di Travolta e per la musica cult dei Bee Gees. Eppure raramente si pone attenzione al suo terzo atto. Se i primi due atti della storia, come detto, contribuiscono a creare i canoni del genere, il terzo (sin dalla svolta che lo apre) decide di distruggerli. I protagonisti rinunciano al primo posto, dandolo ai secondi arrivati, più meritevoli. L'amore dei due viene violentemente infranto. Gli amici, che potrebbero sollevare Tony, finiscono per rivelarsi quasi degli estranei. 

In pochi passaggi la storia, che era partita come un percorso di rivalsa e di successo, finisce per diventare un incubo tragicamente reale con un apice spaventosamente traumatico per il gruppo di amici. Una notte cupa che sembrerà interminabile per il protagonista. Non sarà facile recuperare i pezzi e rimediare. In ogni caso, niente potrà tornare come prima. Il finale non ci dà un trionfo, ma un'esile speranza. Non ci dà amore tra i protagonisti, ma affetto e perdono. Un finale poco consolatorio, che mette in guardia sulle spaventose conseguenze delle proprie azioni o di semplici scelte sconsiderate. Dai film dello stesso genere che si sono succeduti, tipicamente edonisti, possiamo tranquillamente intuire che questa sia l'unica lezione che il film non sia riuscito a trasmettere al genere.

Insomma, la Febbre è un film che crea ma, al contempo, con duro realismo e cattiveria, già deflagra il modello che stava creando, tradendo la debolezza del più grande premio dei protagonisti del genere in questione: la gioia del successo e dell'amore. Una felicità che, anche se giustamente conquistata dai protagonisti, con una scelta sconsiderata può essere polverizzata e perduta per sempre.

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