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Kill Bill. Vol. 2

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su Kill Bill. Vol. 2

di lao
8 stelle

UNA STORIA PANTAGRUELICA----“Kill Bill” volume secondo! Il titolo usato da Tarantino per suo ultimo lavoro fa venire in mente un’enciclopedia. E sicuramente il suo film è un dizionario del postmoderno più recente, quello che non cita più modelli letterari,ma filmici, televisivi e fumettistici e nel quale i personaggi inventati hanno l’infantile rudezza di quelli di cartoons e comicis. La ragione ultima sta probabilmente nel fatto che la civiltà del libro ha fatto il suo tempo e la lettura annoia, mentre un caleidoscopio di colori, immagini e suoni fa di tutto per catturare una fantasia atrofizzata dall’eccesso di stimoli visivi. “La scienza della parola è la scienza suprema” diceva d’Annunzio “La scienza dell’inquadratura è la scienza suprema”si potrebbe dire oggi e da questo punto di vista l’autore di “Pulp Fiction”è un Maestro. Il suo è cinema allo stato puro, a nulla teso se non a una ossessiva riproduzione/ammirazione di se stesso, un Narciso metaforico che guarda perdutamente innamorato, la sua immagine riflessa nell’acqua. E il dèmone narcisistico costituisce l’innegabile sex-appeal della filmografia di Tarantino. In quale paese vivono i protagonisti di “Kil Bill”’? Essi popolano il continente fantastico dei western di Sergio Leone, dei B-movie degli anni Sessanta e Settanta, dei film orientali di Kung-fu e via continuando. E lì che fanno,come pensano? Non hanno pensieri, duellano, cavano gli occhi, seppelliscono vivi i nemici, avvelenano nascondendo in una valigia piena di dollari serpenti velenosi dall’esotico nome Black Mamba, uccidono sfiorando il cuore e facendolo esplodere con la punta delle dita. E a tempo perso declamano, come consumati animali da palcoscenico, in iterminabili disquisizioni sul loro paradossale universo assurdo/delinquenziale, solo accidentalmente umano. E, pur fra attimi di tedio fra una sciabolata e l’altra, incantano lo spettatore scostando dal suo orizzonte d’attesa gli abituali appigli alla realtà. Le rocambolesche imprese della Sposa hanno a far da cornice, nella sequenza iniziale e in quella conclusiva, l’icona di lei, bellissima, gli occhi lucenti, i capelli al vento, al volante di un’auto scoperta, quasi uno spot pubblicitario, in cui si annida già tutta la seduzione esercitata dal lungometraggio. Ed il termine giusto per definire l’’insieme strabiliante di avventure, figure e situazioni bizzarre è “pantagrueliche”: lo usa, rammaricandosi della scarsa possibilità di ricorrervi, la monocola Elle Driver, mentre descrive con tono professorale leggendole da un notebook le caratteristiche del Black Mamba alla sua vittima agonizzante. Ma tutto in “Kill Bill” è straripante rifiuto dell’abituale e del quotidiano: nel duello finale fra Bill e Beatrix lui le rivela di considerarla come Superman, l’unico eroe puro dei fumetti a non risvegliarsi la mattina nei panni di un individuo normale. Appunto una storia pantagruelica la sua, solo accidentalmente umana.

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