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Lisa e il diavolo

Regia di Mario Bava, Alfredo Leone vedi scheda film

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La recensione su Lisa e il diavolo

di Spielbergman
6 stelle

il film, distribuito dapprima come "Lisa e il diavolo" e poi "La casa dell'esorcismo", è stato vittima di un iter produttivo complesso e inconcludente. "Lisa e il diavolo", che ho recensito tre settimane fa, era un film in cui Bava metteva tutto il suo talento al servizio dell'atmosfera, tralasciando completamente un minimo di cura alla sceneggiatura. Nel 1975, dato lo scarso interesse al botteghino, Alfred Leone, il produttore, mise mano personalmente alla sceneggiatura per tentare di dare un senso ai notevoli frammenti di paura in "Lisa e il Diavolo", collegandoli fra loro con un'intera nuova parte dedicata al "presente", lasciando al lavoro di Bava l'incarico di "flashbacks". Il problema principale è che nel 1974 usciva anche il capolavoro di W. Friedkin, "L'esorcista", portando con sè tutto un filone di film "demoniaci". Alfred Leone, seguendo le regole del marketing, colse al volo l'occasione e inventò, come introduzione aglia vvenimenti, la storia di Lisa che viene ricoverata in ospedale colta da violenti e orribili spasmi (vi ricorda qualcosa?) venendo curata da un sacerdote incaricato. La posseduta, piano-piano, ricorda cosa sia successo all'interno della villa, lasciando il posto al lavoro originale di Mario Bava. Tutte le scene aggiunte relative al rapporto fra Lisa e il prete, anche quelle di sesso, sono state dirette dallo stesso Leone, perché Mario Bava si rifiutò di mettervi mano. Ne esce fuori un prodotto interessante, quasi un "film-nel-film". La storia continua a non appassionare affondo, molte cose non vanno, un pò di ingenuità è rimasta comunque, il film in sé non funziona come dovrebbe. Però c'è da dire che la trovata di Leone, seppur commerciale e rozza, è una dei più bizzarri e curiosi tentativi di remake della Storia del cinema di genere italiano. Rimane però qualcosa di "già visto", di reciclato, troppo vicino ai modelli a cui si ispira per essere convincente fino in fondo. Un'operazione commerciale riuscita così-così. Peccato vedere un Bava così "stuprato" dalle leggi del marketing, veramente. Però, curiosità: il finale riprende molto dall'insuperato "Il profumo della signora in nero" di Francesco Barilli. Voto: 6

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