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Fandango

Regia di Kevin Reynolds vedi scheda film

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La recensione su Fandango

di attore
10 stelle

Vi è una fase nella vita di ogni uomo in cui non si è più adolescenti ma neppure adulti, in cui l’innocenza e la purezza sono state sostituite dall’ironia e la conoscenza, in cui le responsabilità della piena maturità avanzano come un buco nero in una notte stellata e nebulosa insieme, e contro cui ti difendi con incoscienza, rabbia ed entusiasmo. È questa la fase della gioventù, di cui i nostri padri, e i nostri nonni, hanno più aneddoti, che sentiamo rimpiangere più spesso, di quanto si siano divertiti, di quanto abbiano amato, e di quanto abbiano sognato. Essere giovani. Ossia vivere la tua epopea, che ricorderai con nostalgia talvolta irrazionale, serena o turbolenta che essa sia. Fandango di Kevin Reynolds è il film-raccoglitore di tutte le emozioni e i pensieri che un gruppo di coetanei affronta nel corso del viaggio che li traghetterà all’età adulta.
Pochi film come Fandango hanno il potere di narrare un’avventura che tutti vorremmo o avremmo voluto vivere, o che magari abbiamo vissuto, le cui emozioni e pensieri ci sono restituiti da un’ora e mezza di cinema. Da questo punto di vista, la collocazione temporale della vicenda conta poco o nulla. La goliardica atmosfera, le improvvise riflessività, l’elegia di fondo su un’incancellabile amicizia (dove i litigi hanno pur sempre il loro ruolo) e nascosta e malinconica consapevolezza dello scorrere dei tempi: questi sono gli elementi che fanno amare Fandango a tutti coloro che sono stati giovani o che lo sono ancora. Dentro.
"Ehi ragazzi, suonateci un Fandango!" E che la musica non smetta…

Su Kevin Costner

Il personaggio di Gardner Barnes è una versione moderna del mito di James Dean. Le doti di ribellione, alle regole, e malinconia, per un tempo forse mai esistito, del rebel without a cause degli anni 50’ sono facilmente rintracciabili in Gardner, che, come sfugge a ogni omologazione della società, così mostra di rimpiangere i valori primordiali dell’uomo (dall’amore all’amicizia) che il tempo mira a sopprimere con il suo incedere. Una differenza sostanziale distingue Dean da Gardner: mentre il primo è altamente vulnerabile e sempre sull’orlo di una crisi depressiva, il secondo fa dell’ironia e del sarcasmo il suo cavallo di battaglia, (quasi) sempre pronto a sorridere e a sfoderare il suo charme ad amici, estranei e occasionali amanti, ma anche e soprattutto a se stesso, velando realtà ben diverse. Gardner è l’esponente di una generazione che andava organizzandosi (siamo nel 1971), che stava imparando a reagire alle decisioni del mondo degli adulti, magari in maniera ancora prematura durante il primo Vietnam e, specialmente, nelle zone decentrate degli Stati Uniti come la provincia texana. Infine, sulla grande influenza esercitata dal suddetto personaggio sulla generazione di giovani degli anni 80’, basti riflettere sulla seguente frase del critico Carlo Bordone: "Per anni ho sognato di diventare come Kevin Costner. Invece ero Pisellone, e non lo sapevo!"

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