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L'eredità

Regia di Per Fly vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'eredità

di ed wood
6 stelle

Strappa per un pelo la sufficienza questo dramma familiare-professionale, più che altro per merito della regia. La sceneggiatura invece mette sul piatto una vasta gamma di spunti, alcuni dei quali peraltro già ampiamente sviscerati dalla tradizione cinematografica/teatrale a quelle latitudini, da Strindberg/Ibsen/Bergman in giù: l'egoistica attrazione erotica, il contrappunto della finzione teatrale, il peso dei vincoli familiari, l'imbarazzo dei pranzi domenicali, la spirale di colpi bassi incrociati, fugaci momenti di precarissima dolcezza e serenità, con la morte sempre dietro l'angolo. Si aggiunga pure una dimensione politico-economica, con la rappresentazione senza sconti delle faide manageriali, le cui conseguenze vengono pagate a caro prezzo specialmente dagli operai. Ecco, tutte queste pietanze necessitavano di una operazione di rifinitura in sede di script, in modo da rendere più digeribile l'impasto: e invece la storia stenta ad acquisire una vera forza poetica, titubando in un limbo di possibilità ed abbandonando i personaggi a deboli motivazioni. Non c'è nulla nello sviluppo del copione che renda efficace la decisione inattesa del protagonista di tornare in azienda, men che meno il suo brutale tentativo di stupro; non che non siano plausibili comportamenti del genere: il fatto è che restano lì, lasciati a se stessi, privati così di consistenza poetica, come se provenissero da un'altra sceneggiatura. Il silenzioso ed enigmatico mutismo del protagonista, così come l'improvviso ed esagerato pianto della moglie, che caratterizzano il prologo/epilogo sono sintomatici di quanto gli autori del copione avessero le idee piuttosto confuse. Se il film si salva dal naufragio e mantiene vivo l'interesse fino alla fine è solo grazie alla posata scrittura registica di Per Fly, che con molta umiltà, senza strafare, si tiene lontano dal virulento free-style della Bier e del primo Vinterberg, attenendosi ad una aurea mediocritas ideale per far emergere tutta la straziata umanità dei personaggi senza chiede empatia allo spettatore o ricorrere a squallidi ricatti. A deludere semmai è il comparto attoriale, ben sotto i consueti standard scandinavi; anche Thomsen, altrove dominante, resta qua un po' come preso in controtempo dalle lacune del copione: poco convincente nelle espressioni facciali, si riscatta in parte con una suggestiva camminata ciondolante.

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