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Le regole dell'attrazione

Regia di Roger Avary vedi scheda film

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La recensione su Le regole dell'attrazione

di FilmTv Rivista
8 stelle

Dopo un’attesa di due anni, Le regole dell’attrazione esce in Italia conciato malissimo, come neppure un film di quart’ordine visto a ferragosto. Già i titoli di testa “tradotti” in italiano sono una vergogna: Roger Avary, regista del cult movie Killing Zoe e co-sceneggiatore di Pulp Fiction premiato con l’Oscar, è stato trasformato in Roger Avery, che non sappiamo chi sia. Poi, andando avanti, le cose se è possibile peggiorano, perché scopriamo tagli grossolani come quello nella scena in cui Sean Bateman (James Van Der Beek) si masturba. Anche nelle edizioni distribuite in altri Paesi, come nel Regno Unito, qualche taglio comunque criticabile è stato fatto (per esempio nella sequenza del suicidio in vasca da bagno), ma si trattava di situazioni molto dure (quindi “censurabili”) scelte con cognizione di causa. Da noi, invece, tutto così, a casaccio, semplice pro-forma per accontentare quelli del “visto” di censura. Dicendo queste cose rischiamo di allontanare i lettori dalla visione di un’opera già “di nicchia”, ce ne rendiamo conto. Ma dato che parliamo di un bel film, perché non denunciarne il mezzo scempio? Quel che resta di Le regole dell’attrazione è comunque la rilettura intelligente, seppure “fredda”, di un’opera letteraria complessa come quella di Bret Easton Ellis: la storia dei rampolli “bene” del Camden College che bruciano la giovinezza a doppia velocità, prigionieri dell’effimero, incapaci di amare, di amarsi e di essere amati. La drammaticità dell’affresco è “spiegata” attraverso la complessità del linguaggio, esattamente come nel libro, con split-screen e frammentazioni che spaccano la linearità di un racconto da fiction per teen ager (anche il cast è in questo senso sintomatico, dato che il protagonista è la star di Dawson’s Creek) per restituire il disequilibrio e l’horror vacui di una generazione che si è fatta “mondo”. Avary affronta la materia narrativa nel miglior modo possibile, anche se proprio il suo formalismo è come se ci tenesse lontani dai personaggi, impedendoci di amarli oppure odiarli, condannandoli senza appello alla loro solipsistica deriva. A ben guardare, è la stessa sensazione che si prova leggendo Ellis, certamente un bravo scrittore nel senso tecnico del termine, incapace però di impregnare di passione le proprie pagine, e di elevarsi al di sopra di una feroce indifferenza nei confronti dei suoi personaggi. Una curiosità per i fan dello scrittore: nelle Regole dell’attrazione (film e libro) si accenna al fratello di Sean, Patrick Bateman, protagonista di American Psyco, e alle sue fantomatiche teste conservate in frigorifero...

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 13 del 2004

Autore: Mauro Gervasini

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