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Strada a doppia corsia

Regia di Monte Hellman vedi scheda film

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La recensione su Strada a doppia corsia

di maurizio73
7 stelle

Una coppia di yippie si sposta lungo le desolate statali del South West a bordo di una Chevrolet del '55 truccata, sempre in cerca di qualche gara clandestina in cui racimolare i pochi soldi che gli consentano di proseguire il loro viaggio. Imbarcano dapprima una disinvolta autostoppista che amoreggia con entrambi, ingaggiando quindi una sfida per la proprietà del rispettivo libretto con uno smargiasso millantatore alla guida di una Pontiac GTO. La loro destinazione è Washington, ma non ci arriveranno mai, prendendo ciascuno una strada diversa a poche ore dal traguardo finale.
Film che si iscrive a pieno titolo nel filone della controcultura beat degli anni '60 e '70, questo road movie laconico e irriverente si sposta lungo gli scenari desolati e le direttrici senza meta del contemporaneo 'Vanishing point' ma senza gli artifici romanzeschi e l'epica furbesca e rockeggiante del film di R.C.Sarafian, pur assoldando paradossalmente come interpreti principali proprio due icone della musica folk-rock come James Taylor e Dennis Wilson ed ingaggiando una sfida all'ultimo colpo (basso) con il prototipo della balorda arroganza di uno scioperato in loden, sintomo e rappresentante 'in pectore' dell'irreversibile declino del sogno americano, interpretato dalla maschera infingada e dolente del Warren Oates, già attore feticcio dello 'Zio Sam' ('Ride the High Country' ,1962 - 'The Wild Bunch', 1969 e soprattutto il successivo 'Bring Me the Head of Alfredo Garcia', 1974). Riducendo al minimo i contributi dei dialoghi e delle musiche, Hellman riproduce con rigore spartano, a tratti documentaristico (al limite di una spiazzante protervia dilettantistica), il viaggio senza speranza e senza scopo di una generazione allo sbando e del suo vuoto di valori, laddove le peregrinazioni in una terra desolata di immensi spazi aperti e contrassegnata dalle tappe di una teoria di cartelloni pubblicitari e stazioni di rifornimento multimarca (Fina,Mobile,Esso) rappresentano l'altra parte di una barricata nel fronte interno di una guerra che l'America sembra destinata inevitabilmente a perdere. L'epica del disimpegno, del mito della velocità, della libertà sessuale sono allora solo i succedanei di una disfatta culturale senza meta e senza posa, un nomadismo senza speranza che vive alla giornata e traguarda con indolente disinteresse i vecchi miti della frontiera e della conquista (New York, la Florida, il Messico), riducendo le relazioni umane alla futile condivisione di un interesse tanto occasionale quanto fugace. Utilizzando la ricercata episodicità di un montaggio in presa diretta (curato dallo stesso autore) Hellman alterna le spericolate soggettive di auto in corsa con il più ampio respiro degli shots in esterni, conducendoci lungo le strade lastricate di una provincia americana marginale e periferica; incrociando lungo il suo cammino l'odore acre del sangue e della morte, come quello della pellicola che brucia e si dissolve nel finale di un disperato nichilismo di celluloide. Scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d'America.

 

 

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