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Oscure presenze a Cold Creek

Regia di Mike Figgis vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Oscure presenze a Cold Creek

di giancarlo visitilli
6 stelle

Una lunga discesa nella “gola del diavolo”, in compagnia di una classica famigliola american-borghese: il padre (Dennis Quaid), la mamma (Sharon Stone) e due figli. Un buon inizio per questo thriller americano, con Mike Figgis dietro la macchina che riprende queste Oscure presenze a Cold Creek.
Cooper Tilson, un documentarista, insieme alla moglie Leah, decidono incomprensibilmente di trasferirsi in una gigantesca e decadente villa ottocentesca, nascosta nei boschi dello stato di New York, per fuggire dalla vita caotica e asfissiante della grande metropoli. Nonostante il figlio dell’ex padrone, un noto psicopatico, non sia d’accordo della vendita voluta dal padre, i nuovi inquilini si prodigano in tutti i modi per ristrutturare la splendida dimora nel cuore della campagna, fino a farla tornare al suo splendore originario. Basterà questo al figlio dell’ex proprietario, disturbato dalla presenza dei nuovi inquilini ai suoi occhi assai ‘oscura’, per diventare egli stesso una presenza ingombrante nella vita della famigliola. Dopo aver scontato qualche anno di prigione per un non meglio precisato incidente, l’ex proprietario, dapprima si presenta educatamente ai signori Tilson, ottiene da loro addirittura l’incarico di ristrutturarli la piscina, col tempo rimuginerà sentimenti di vendetta nei confronti degli occupanti della sua ex casa che ritiene essere degli approfittatori.
Ci proverà con la dolce e fedele signora, annegherà il cavallo della figlia adolescente, non prima di averlo sgozzato, riempirà la casa di serpenti, intervallando l’avvertimento della sua presenza, nella sua ex dimora, attraverso lo scasso, lo stacco della luce e del telefono. Non rimarrà altra soluzione a Cooper, se non quella di rispedire la famiglia nella grande mela e cominciare ad indagare sul passato di quella casa, scoprendo misteri sconcertanti.
Una camera che sta sempre addosso ai personaggi, s’insinua anche nei percorsi impenetrabili; piani e contropiani, anche attraverso le tascabili sony digitali (utilizzate dal personaggio documentarista del film) che danno solidità e ritmo alla vicenda; una fotografia buia che riceve ‘trasparenza’ dall’uso del grandangolo, fanno di questo film una sorpresa, rispetto ai pochi in programmazione (se si pensa ai ‘panettoni’ di Natale, che resistono ancora!).
Nonostante questo film non sia un capolavoro nel suo genere e l’assassino si scopre già alla seconda inquadratura, le due ore di visione scorrono alle prese con la tensione. Il regista del bel Via da Las Vegas, in questo film è anche produttore nonché autore della colonna sonora. E’ abbastanza evidente come Figgis si sia nutrito di quel genere di cinema che va da La casa dei nostri sogni, Cape Fear, passando anche per Shining (il protagonista psicopatico che con l’ascia distrugge le porte). D’accordo, non sarà un film che resterà nella storia del cinema, ma almeno vale il prezzo del biglietto: due ore di divertimento e di scene mozzafiato.
Se Figgis avesse ‘speronato’ maggiormente la sua attenzione sulla dicotomia città-campagna, a proposito dell’antitesi metropoli-provincia, piuttosto che farci aggirare nella casa buia, alla presenza di un assassino che già conoscevamo, ci saremmo potuti inoltrare ben oltre quel paese che a proposito di “oscure presenze”, ne avrà ancora da raccontare.
Giancarlo Visitilli

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