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Master & Commander. Sfida ai confini del mare

Regia di Peter Weir vedi scheda film

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La recensione su Master & Commander. Sfida ai confini del mare

di Decks
5 stelle

Opera dallo stampo classico che non ha niente dei vecchi modelli hollywoodiani, con una sceneggiatura eccessivamente densa, scialba. Ottimo da vedere al cinema senza pretese tralasciando strafalcioni e una trama confusa e dozzinale, godendosi gli aspetti tecnici. Un segnale di ciò che può essere il cinema seriale ad alto budget: inconcludente.

Con una carriera in crescendo, reduce da un film meraviglioso e di grande successo come "The Truman Show", a Peter Weir viene dato un progetto mastodontico con un altissimo budget, il regista australiano impegnato per anni in riprese, spostamenti e nella trasposizione dai romanzi di Patrick O'Brian a materia filmica, troverà però un muro che, purtroppo, arresterà la sua corsa.

"Master & Commander" non è soltanto un potentissimo film d'avventura; un kolossal che perde gran parte del suo fascino al di fuori della sala, è anche un importante spartiacque (che ironia) della cinematografia blockbuster hollywoodiana.

 

Guardandoci un attimo alle spalle, vi è l'ormai decrepito movimento della New Hollywood, già da 15 anni, esso si trascinava e tentava di contrastare le produzioni ad alto budget che stavano lentamente, ma inesorabilmente, avendo la meglio nel porre una netta divisione tra i due.

Come se non bastasse l'uso della computer grafica demolì qualsiasi speranza di rinnovamento e ritrovamento per il cinema a basso costo: l'arrivo di grandi successi quali "Jurassic Park", "Salvate il soldato Ryan", "Titanic", "Il Gladiatore", "Toy Story" e tanti altri non fecero che separare ancor di più le due fasce, se vogliamo esser proprio degli italiani schietti, di reddito.

Questo Weir l'aveva capito benissimo e sperimentò la nuova tecnologia digitale come meglio poté: vascelli, battaglie, persone, paesaggi e persino animali passarono sotto il ritocco del mouse con un risultato strabiliante, a livelli così alti, che persino il secondo capitolo di Star Wars è surclassato; qui siamo dalle parti delle attente innovazioni di Cameron che non altro.

 

 

Eppure ciò non bastò: l'industria stava ancora cambiando e quello che per i comuni spettatori poteva essere definito un successo, per le grandi case di produzione non lo era più; il guadagno non doveva più pareggiare i costi, doveva surclassarlo del doppio per dare vita ad un franchise, operazione questa che porterà alla nascita del cinema seriale dei giorni nostri.

La storia diventa anche più interessante se pensiamo che proprio nello stesso periodo usciva un altro lungometraggio costosissimo pressoché identico per contenuti e ritmo: "Pirati dei Caraibi", il quale avrà, al contrario del film in questione, un successo stratosferico e numerosi seguiti (ecco cosa sarebbe stato "Master & Commander" in un futuro alternativo) utilizzando la medesima chiave comica non realistica unita all'avventura marinaresca.

 

Tolta la premessa e passando alla valenza del film, quest'ultimo merita? Purtroppo non molto.

Come detto prima il miglior modo per goderselo appieno era all'interno di un multisala di ultima generazione ove la fotografia, ma soprattutto la colonna sonora avrebbero reso la giusta spettacolarità di un'opera dalle simili proporzioni. 

A tal proposito, è un'esperienza unica quella di assistere alla prima battaglia navale con un impianto sonoro all'altezza: quasi sembra di trovarsi in mezzo ai colpi di cannone, al frastuono del legno che si sfascia, in mezzo alle urla di coraggio o di terrore tra chiglia e pontile.

Il fascino rude di Russell Crowe, che sembra un lontano parente di Massimo Decimo Meridio, e lo spiccato Paul Bettany poi aiutano lo spettatore, soprattutto quello adolescente, a rivivere la disciplina e le rotte navali ottocentesche, fatte di drammi, malattie, tempeste e scoperte alla Darwin.

 

Purtroppo, Weir non è, e mai sarà, un regista classico, ben lontano dall'essere capace di dosare sapientemente il pathos rende il film altalenante senza che sia mai veramente avvincente come si supporrebbe.

Si vede lontano un miglio che la messa in scena di Weir non è adatta a trattare l'aura epica richiestagli e più volte si concentra sui temi a lui cari: con l'amicizia virile riesce ad amalgamare il contenuto, ma con il punto di vista dei giovani e lo splendore della natura non va altrettanto bene. Il primo è troppo scontato e confusionario, a volte è pure inespresso pur di lasciar spazio al capitano come obbligato protagonista unico, il secondo più volte tira dei superficiali sfondoni filosofici, oltre a non riuscire a mediare le due anime del film, una chiassosa l'altra riflessiva.

 

 

Non aiuta neanche la sceneggiatura, in un maldestro tentativo di arricchire il più possibile i contenuti di un'opera destinata al largo pubblico, Weir e John Collee attingono non da un solo romanzo, ma da diversi eventi facenti parte della saga completa di O'Brian, rendendo il tutto un guazzabuglio di scene che mal si accomunano tra di loro per significato e avvenimenti.

Per lo spettatore più attento parrà di navigare a casaccio con dialoghi buttati lì, dove ogni tanto l'attenzione viene risvegliata dal boato dei cannoni senza realmente affezionarsi a dei personaggi che per dovere di produzione sono tagliati con l'accetta.

Se a questo aggiungiamo una durata smisurata e priva di senso dato che il film di certo non vuole e neppure spera di essere annoverato tra i film di ricercatezza culturale, più l'orripilante finale aperto, che più aperto non si può, al punto tale che viene voglia di strappare la pellicola, malauguratamente quello che resta è qualche scena d'impatto visivo e nient'altro.

 

Opera dallo stampo classico, ma uscita dal forno non ha niente dei vecchi modelli hollywoodiani, con una sceneggiatura eccessivamente densa, scialba e lontana dallo stile prediletto di Peter Weir.

Ottimo da vedere al cinema senza pretese con l'obbligo di tralasciare strafalcioni e una narrazione confusa e dozzinale soffermandosi sugli aspetti tecnici (su tutti il sonoro e gli effetti speciali).

Un (brutto) segnale di ciò che può essere il cinema seriale ad alto budget: inconcludente.

 

Scene Cult:

La battaglia navale iniziale

 

Pregi:

 

• Il sonoro

• Gli effetti speciali

• La fotografia

• Le sequenze action

 

Difetti:

 

• La sceneggiatura

• Il finale interrotto

• Contenuti troppo condensati

• Confusionario e scontato

• Il coinvolgimento

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