Regia di Bruno Dumont vedi scheda film
Pellicola stupefacente, regressiva, viscerale. La cosa più sottile e dislocante vista non soltanto a Venezia, ma in questi ultimi anni. Dumont lavora in sottrazione assoluta, sradicando la logica narrativa e raschiando le psicologie dei personaggi. La parola fallisce in ogni sua occorrenza, rivelando un'irreversibile tendenza all'inganno sillogizzante, all'intelligenza autoritaria, alla tirannia del senso enfatico. Resta l'opacità dei corpi, ottusa, indifferente, ostile, squarciata soltanto da sgradevolezze candidamente oscene. Gli ultimi quindici minuti - nei quali lo sguardo cede al racconto e la delicatezza malata del vuoto all'aggressione pesante della violenza - rischiano di frantumare la compattezza inafferrabile della pellicola. Ma il più ormai è fatto. "Twentynine Palms" è già un luogo, leggero e straziante, chiamato Cinema.
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