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Il sole della mela cotogna

Regia di Victor Erice vedi scheda film

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La recensione su Il sole della mela cotogna

di Peppe Comune
9 stelle

A partire dagli anni sessanta, il pittore spagnolo Antonio Lòpez Garcìa ha cominciato a cimentarsi con la cosiddetta "pittura urbana", ovvero, un'arte che ritrae spaccati "fisici" di città che stanno li a rendersi confrontabili con il tempo che scorre. Antonio Lòpez è un pittore che si è sempre posto il problema del rapporto tra spazio e tempo, tra la presenza fisica di un oggetto e i cambiamenti morfologici che agiscono in esso per il fatto di trovarsi in continua relazione con numerosi agenti esterni. Agl'inizi degli anni novanta, invece, Victor Erice ha intenzione di documentare questo particolare aspetto della pittura di Antonio Lòpez e si mette a seguirlo sulla sommità di alti palazzi mentre questi dipinge paesaggi panoramici di Madrid (cosa che sarà contenuta nel cortometraggio "Apuntes (1990-2003)", che vedrà la luce qualche decenno più tardi). Ma poi, mosso dall'urgenza di Antonio Lòpez di mettere mano ad un quadro ritraente un albero di mela cotogna da lui stesso piantato qualche mese prima, Victor Erice ha dovuto cambiare indirizzo al suo iniziale progetto e si è messo a seguire il lavoro del pittore con devota discrezione, rispettandone tempi e modi di esecuzione. Nasce cosi "Il sole della mela cotogna" (premio della giuria a Cannes), terzo (e finora ultimo) lungometraggio del regista spagnolo, un opera che oscilla tra documentarismo e finzione filmica per descrivere la solennità dell'ingegno artistico che si compie e fare del cinema il luogo più idoneo in cui tale esercizio umano possa essere catturato e compreso in tutta la sua interezza.

 

 

Antonio Lòpez.

 

"El sol del membrillo" di Vicrot Erice è un film di silente bellezza, un opera con una pienezza di contenuti affatto scontata se si considera che l'intera storia è tutta incentrata sul pedinamento certosino del pittore Antonio Lòpez mentre dipinge la sua "amata" mela cotogna. Un film costruito per lo più in presa diretta, profondo e complesso ma girato con soave leggerezza. A mio avviso, questo film del "parco" autore spagnolo (tre soli lungometraggi in oltre quarant'anni) rappresenta l'ulteriore dimostrazione di quanto, attraverso il mezzo cinematografico, siano illimitate le possibilità di giungere a riflessioni ragionate sul potere evocativo delle immagini e sul contrastato rapporto tra l'arte e l'uomo, il quale può esserne creatore e fruitore insieme. Ogni aspetto della realtà può essere sublimato dall'arte. Ma la realtà può essere compresa in tutta la sua interezza dall'arte ? Si, se si accetta con Antonio Lòpez (e con Vicroe Erice, evidentemente) che ogni attimo concessoci dalla natura delle cose conserva dei buoni motivi per essere santificato sull'altare della storia umana, indipendentemente dalla presenza necessaria di un prima e un dopo che possono intervenire a cambiargli forma e contenuto. Si, se si accetta, insieme all'illimitatezza di tutto ciò che può essere oggetto di contemplazione artistica, la limitatezza di quanto può essere sottoposto alla completa volontà dell'artista. Questi sono degli assunti presenti dal film, desumibili da una narrazione filmica che si compone di tre momenti di riflessione tra loro complementari. In un primo momento, Antonio Lòpez è pervaso dal proponimento di "dover dipingere il sole". Per tal fine, prepara meticolosamente la sua tecnica di pittura con l'intento precipuo di catturare su tela la "luce perfetta", l'unica che può far emergere in tutta evidenza l'asimmetrica rotondità della mela cotogna. Poi interviene il momento dello sconforto, quando il pittore, confidandosi con l'amico e collega Enrique Gran, è costretto a prendere atto che gli è impossibile adempiere alla sua idea, che il tempo che occorre per mettere su tela la luce desiderata non è sufficiente per impedire che il sole sposti i propri effetti da un'altra parte. Ed è allora, infine, che Antonio Lòpez riconosce pacificamente la propria limitatezza d'artista e rinuncia al suo progetto. "A qualche cosa occorre pur rinunciare", dice il pittore ad una giornalista cinese che ha voluto incontrarlo per fargli un'intervista, parole che fanno emergere tutta l'umiltà dell'uomo rispetto a quella parte della realtà che la sua arte intenderebbe magnificare. Volontà, difficoltà ed umiltà dell'artista quindi, tre momenti distinti che fanno entrare in rapporto dialettico lo spazio ed il tempo : il luogo ricreato da Antonio Lòpez per svolgere la sua attività pittorica (il qui ed ora di un oggetto da riprodurre rispetto allo spazio circostante) e le sue più autentiche aspirazioni artistiche (il prima ed il dopo rispetto al tempo che può intervenire a mutare gli scenari desiderati). Questo è "El sol del membrillo", un grande film sulla contemplazione artistica della realtà. Per un cinema, quello di Victor Erice, che contempla il mondo rasentando il massimo grado di libertà espressiva possibile. 

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