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Edipo Re

Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film

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La recensione su Edipo Re

di cheftony
8 stelle

Così io non scorgerò più il male che ho sofferto e fatto! Nel buio ormai non vedrò quel che bisognava non vedere! Non riconoscerò più quelli che io desideravo riconoscere!”

 

Franco Citti

Edipo Re (1967): Franco Citti

 

Nord Italia, anni '20: una donna dà alla luce un bambino, da allevare e crescere teneramente fra i verdi campi del circondario. Il bambino è frutto dell'amore della donna per un ufficiale sabaudo, ma quest'ultimo avverte il figlio come una minaccia alla sua relazione e alla sua vita.

Antica Grecia: Edipo (Franco Citti) è un giovanotto cresciuto come figlio dei sovrani di Corinto Polibo e Merope (Alida Valli), ma la voce serpeggiante fra gli altri ragazzi e i suoi incubi notturni lo vogliono trovatello; di temperamento cocciuto e ardimentoso, Edipo decide di fare un pellegrinaggio verso il Monte Parnaso per interrogare l'oracolo di Delfi sulle sue origini. Ma la verità profetica è inattesa e terrificante: Edipo ucciderà suo padre e giacerà con sua madre. Edipo strepita, si dispera, vaga a caso per evitare il ritorno a Corinto.

Finisce così a Tebe, non prima di aver ucciso un uomo e la sua scorta, che hanno osato maltrattarlo come un viandante qualsiasi nel suo cammino. La città è mezza sfollata poiché perseguitata da un mostro, la Sfinge; la profezia vuole che chi sarà in grado di ucciderla diventerà automaticamente nuovo sovrano di Tebe e marito della regina Giocasta (Silvana Mangano), rimasta vedova di Laio. Edipo riesce a vincere la Sfinge quasi senza sforzo, ereditando così il trono di Tebe.

Ma il regno di Edipo non è pacifico: Tebe è presto funestata dalla peste e il nuovo sovrano invia il cognato Creonte (Carmelo Bene) dall'oracolo di Delfi per capire ancora una volta l'origine delle sue sventure. E ancora una volta il responso è impietoso: gli dèi sono adirati con l'assassino di Laio, che è ancora presente in città. Edipo riversa la sua furia sull'anziano e cieco indovino Tiresia (Julian Beck), ma fra i due è senz'altro lui quello che non può o non vuole vedere. Finché non decide di andare fino in fondo…


Be', Freud è visibile nel senso che è talmente chiara la cosa che anche un ragazzino del liceo lo riconosce! Sì, Marx è più sotterraneo, più implicito. Compare direi in due momenti: nel momento in cui Edipo nel suo viaggio fatale verso Tebe incontra Tiresia. E vedendo Tiresia che suona e canta solo mentre tutti gli altri ricercano una salvezza comune… Piangono, soffrono la fame eccetera, i fuggenti da Tebe. Canta qualcosa che è dentro di loro e che allo stesso tempo li supera. Compie cioè un atto sociale – diciamo così – di purificazione dei problemi della società. E in questo momento Edipo vorrebbe essere Tiresia.” [Pier Paolo Pasolini]

 

 

A più riprese Pasolini ha dovuto fornire spiegazioni ad uno dei più amati fra i propri lavori, ma non a caso perché si tratta anche di uno dei più complessi; “Edipo re” è una rilettura del mito di Sofocle in chiave non univoca, tuttavia figlia del già arcinoto recupero della tragedia da parte di Freud per definire un complesso (appunto, edipico). Per quanto probabilmente ben lungi dall'avere pulsioni incestuose, Pasolini stesso ha rimarcato diverse volte il suo rapporto conflittuale col padre, ma soprattutto quello inscindibile con l'adorata madre Susanna, da cui la necessità di attribuire in primo luogo una valenza autobiografica al film; prologo e prima parte dell'epilogo ambientati rispettivamente (e curiosamente) nelle campagne del Friuli negli anni '20 e in Piazza Maggiore a Bologna, unitamente all'ufficiale del prologo che teme astioso di essere soppiantato dal proprio figlio, sono i più evidenti segnali di questa urgenza autoriale. Va ricordato, a tal proposito, come Carlo Alberto Pasolini, padre di Pier Paolo, fosse un noto ufficiale di fanteria nel Regio Esercito del Ventennio.

L'epilogo si dispiega anche nella zona industriale di Bologna (e nuovamente in Friuli), “regno” del sottoproletariato disperso e sordo al profetico canto del flauto del moderno Tiresia (l'intellettuale si fa poeta e profeta). Ed è qui che si rivela l'intento socio-politico dell'”Edipo re” pasoliniano con maggior forza, nonché con maggior chiarezza rispetto al simbolista e ambizioso “Uccellacci e uccellini”.

Ma se l'uomo è incapace di vedere la sua condizione sociale, altrettanto deve dirsi della sua condizione individuale: è qui che entra in gioco per analogia il mito di Edipo, che crede di ribellarsi al suo destino, salvo poi arrendersi alla sua ineluttabilità. Per Pasolini l'uomo resta incosciente di sé nonostante la profezia che lo vede parricida, tant'è che uccide comunque un uomo pressoché a caso lungo il suo cammino, a dimostrare come non vi sia piena lucidità per evitare il proprio fato; una condizione rimarcata dai movimenti convulsi e tremolanti di macchina, dal montaggio, dalle grida fastidiose di Citti, che evidenziano una furia belluina e irrazionale.

Ciò detto, “Edipo re” è film di costume, ma anche in costume: l'antica Grecia è traslata in Marocco, per esigenze lavorative o espressive che siano state. Il mito greco viene completamente destrutturato da Pasolini, che ne lascia intatto il nocciolo e ne modifica ogni altro aspetto in chiave personale, a cominciare dai fenotipi delle comparse marocchine fino ai marcati accenti meridionali di molti interpreti e doppiatori. Anche il cast, d'altronde, solo parzialmente poteva prestarsi ad una raffigurazione epica: eccezion fatta per Alida Valli e Silvana Mangano, gli altri attori provengono o dall'avanguardia teatrale (Julian Beck, Carmelo Bene) o sono i prediletti ragazzi di vita (Franco Citti, Ninetto Davoli). Musiche di ogni origine ed epoca contribuiscono ulteriormente a personalizzare e rivisitare la tragedia di Sofocle, in un “Edipo re” dalle mille sfaccettature, ottimo esempio dell'intricato (talvolta fin troppo) gioco intellettuale alla base della seconda fase cinematografica di Pier Paolo Pasolini.

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