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L'eclisse

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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La recensione su L'eclisse

di Baliverna
8 stelle

No ci sono coppie di innamorati, amici, rapporti madre-figlia. Solo una serie di solitudini, di individui, di monadi che non riescono ad entrare veramente in rapporto gli uni con gli altri.

Forse non è ai livelli de "La notte", ma questa "Eclisse" è degna dei nomi che vi compaiono. Antonioni ci offre un'altra analisi di un rapporto di coppia in profonda crisi (reversibile?), della solitudine e dell'incomunicabilità nell'Italia del boom, specie tra coloro che questo boom lo trainavano.
Se da una parte il regista racconta una storia con una successione di eventi, il suo cinema è ben più di una narrazione. Vi sono infatti molte inquadrature non narrative, che inquadrano ambienti, luoghi o comparse. Tutte hanno una funzione, benché non smaccata o rudimentale. Contribuiscono infatti, con levità, a creare sensazioni, atmosfere, o a fare da corredo allo stato d'animo dei protagonisti. In certi momenti - come l'episodio delle aste delle bandiere che oscillano al vento - sembra che Antonioni faccia come parlare le cose. Sono istanti di verità, momenti, cioè, in cui il personaggio salta dall'esteriorità alla propria interiorità, ed è come se capisse qualcosa di sé e della propria vita. Di queste sequenze nel film ce ne sono due o tre. Tutta l'ultima parte, poi, è un accorto montaggio di vedute e di particolari, che creano nello spettatore una particolare sensazione. Comunicano solitudine, isolamento, e, forse, uno spiraglio di speranza.
Quanto alle già citate comparse, lo avevo notato anche in altri suoi film: le comparse sono tutte in qualche modo peculiari, sia per originalità che in certi casi per azioni che compiono. Secondo me venivano dirette dal regista in modo tutt'altro che riempitivo (come di solito avviene per le comparse).
Oltre che sulla solitudine e sull'isolamento dei personaggi, il film cerca anche di dare una visione d'insieme della società di tenore non diverso. Si pensi all'episodio dell'ubriaco morto, e all'indifferenza con la quale l'evento viene archviato dal personaggio di Delon, e la frivola curiosità della folla di sfaccendati che osservano la macchina ripescata con il cadavere; oppure allo sconfortante personaggio della madre di lei, avida ed insensibile piccolo-borghese, che pensa solo a speculare in borsa e se ne frega in fondo della sua stessa figlia.
Molto riuscita mi sembra la sequenza iniziale della crisi della coppia. Distanza e indifferenza reciproca si palpano nell'aria, e anche qui Antonioni fa un uso particolare e funzionale di ambienti, luci e oggetti. Tutto richiama ad aridità, noia, incomunicabilità. Pensiamo al ronzio del ventilatore, alle tende tirate quando è già l'alba (dopo una notte di discussioni), quella squallida torre dell'acquedotto e la zona desolata dove si trova la villetta.
Vi sono poi anche simbologie, la cui interpretazione è forse opinabile. La casa iniziata a costruire e piantata alle fondamenta potrebbe richiamare il mini rapporto iniziato con poca convinzione dai due protagonisti, e presto abbandonato da entrambi. Il bidone con la falla che a poco a poco si vuota potrebbe simboleggiare il loro breve amore presto esaurito. E l'eclisse si riferisce forse alla sospensione temporanea del rapproto iniziale?
La Vitti credo non sia mai stata così bella e così brava, perché riesce a rendere bene una ragazza indecisa, tormentata, e divisa interiormente. Delon non è da lodi sperticate, ma certo se la cava con onore.
Tonino Guerra è co-autore della sceneggiatura, ed è forse farina sua il discorso sulla speculazione di borsa (un po' troppo insistito) e i piccoli riferimenti politici seminati qua e là. Si vuole come suggerire che l'aridità umana dei personaggi e dell'Italia tutta sia provocata dalle speculazioni in borsa e dal capitalismo. Si accenna anche ad un diverso mondo socialista, con il quale gli speculatori sono arrabbiati. Mi sembra comunque che siano elementi spuri in un film tutto proiettato sui sentimenti, sulle psicologie e sull'interiorità dei personaggi, che ha in ciò i suoi punti forti. Altri film di Antonioni ne sono privi.
In ogni caso è sicuramente un film riuscito, complesso, ricco di spunti il quale rappresenta bene almeno una parte dell'Italia del boom economico, che ha dimenticato i sentimenti per pensare solo ad arricchirsi. Indubbiamente suggestiva la sequenza finale. PS: Mi piacerebbe vedere oggi quel rione di Verona, così sapientemente filmato dal regista.

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