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Un lupo mannaro americano a Londra

Regia di John Landis vedi scheda film

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La recensione su Un lupo mannaro americano a Londra

di ErCari
10 stelle

Nel lontano 1969, un giovane John Landis assiste, durante un viaggio in Yugoslavia,  a un funerale lungo la strada che collega Umago a Novi Sad. Un gruppo di zingari sta seppellendo un compagno in modo insolito, seguendo una strana procedura: il corpo viene avvolto in un telo e sepolto in piedi dentro una buca che non ricorda affatto una tomba tradizionale, il tutto immerso in un trionfo di rosari e ghirlande d’ aglio. Un compagno di viaggio di Landis gli spiega che la sepoltura a cui ha appena assistito è un classico rito funebre che impedisce al defunto di ritornare in vita. Tutto ciò verrà rielaborato in seguito dal regista americano, particolarmente colpito dalla presenza di certe superstizioni in un’epoca ormai governata dalla razionalità, trasformandolo nello script di uno dei suoi migliori film in assoluto: “Un lupo mannaro americano a Londra”.

 

Il plot è molto semplice e non è neanche uno dei punti di forza del film (anche se funziona benissimo). Due amici, Jack e David, partono dall’ America per visitare le brughiere inglesi, prima tappa di un lungo viaggio per l’Europa. Trovano inizialmente ospitalità in un locale di East Proctor, per poi essere cacciati malamente a notte fonda con la raccomandazione di seguire il sentiero e star attenti alla luna. I due verranno attaccati da un bestia mostruosa che dilanierà Jack e ferirà David, prontamente salvato dagli abitanti del villaggio. Lo stesso David verrà portato in un ospedale di Londra, dove verrà perseguitato da incubi e dal fantasma del suo amico, che cercherà di convincerlo a uccidersi prima della prossima notte di plenilunio.

 

"Troppo pauroso per essere una commedia e troppo divertente per essere un horror”

 

Non a caso questa frase è diventata la più rappresentativa del film di Landis. Il regista si muove su un suolo ibrido spostandosi tra la commedia e l’ horror puro senza creare tagli. I due generi sono così perfettamente amalgamati tra loro da rendere il passaggio dall’uno all’altro il meno traumatico possibile. Il plot narrativo di una semplicità disarmante rende ancora più efficace l’intero film se unito all’ abilità di un grande regista come Landis, che riesce a essere ironico  nel momento giusto e trasmettere il vero terrore nella “scena di trasformazione” più bella della storia del cinema. Sembra paradossale che la migliore metamorfosi da uomo a lupo sia stata eseguita ben trent’anni fa (grazie all’effettista Rick Baker ) dove l ‘effetto digitale non era ancora neanche nato nella mente di un George Lucas qualsiasi. Non c’è computer grafica che tenga, artigianalità e animatronics, se ben realizzate, sono ancor oggi assolutamente efficaci.

 

Ritornano sullo schermo i zingari che incontrò il regista in Yugoslavia, rappresentati dalla comunità di East Proctor, protettori di un segreto che vale addirittura la vita dei due giovani. Le inquadrature inziali d’altronde non sono di buon auspicio per i protagonisti, che si ritrovano immersi in uno scenario bucolico immerso nella nebbia, completamente abbandonati a loro stessi.

Encomiabile anche l’omaggio a Luis Bunuel, grazie alla maestria di Landis nell’ imbrigliare la realtà con il sogno tipica del maestro del surrealismo cinematografico. Le due dimensioni sono perfettamente coessenziali e anche qui indistinguibili l’una dall’altra.

 

Il 1981 rappresenta la data di nascita del vero lupo mannaro, un lupo moderno che abbandona del tutto le tinte gotiche che lo hanno caratterizzato precedentemente. Un lupo magnifico sia dal punto di vista zoologico che grafico, protagonista di un film che insieme a “L’Ululato” di Joe Dante entrarono di prepotenza nei grandi schermi e segnarono un nuovo punto d’inizio assoluto per quanto riguarda la nuova visione orrorifica.

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