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Mystic River

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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Scarlett Blu

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La recensione su Mystic River

di Scarlett Blu
10 stelle

Ho quasi paura a recensire questo film, il mio preferito del regista.
Mi ha catturato fin dalla prima visione al cinema, e continua a catturarmi ed emozionarmi ogni volta che lo riguardo, ma temo che le mie parole possano essere inadeguate ad esprimere un qualsiasi concetto che spieghi un capolavoro.
Ma con molta umiltà ci proverò.
Non a spiegare, no.
A suggerire almeno le mie emozioni.
Perché altro non penso di saper fare.
 
Il Mystic del titolo del bellissimo film del vecchio Clint è il fiume di Boston dove si lavano e nascondono le colpe.
Ma non tutti i delitti, non tutte le esperienze negative e traumatiche si possono affogare in un fiume e lasciare che la corrente le porti via.
Ci sono fatti che segnano l’uomo per tutta la sua esistenza; ci sono fratture insanabili e ferite che non si rimarginano mai.
Perché se il male ti tocca, ti segna per sempre, ti trasforma in un lupo, o in un vampiro, come dice il povero Dave mentre guarda alla tv il film dell’orrore di Cronnenberg.
Credo che Mystic River, tratto dal romanzo La morte non dimentica, sia il film più ambizioso e più complesso per le svariate tematiche che affronta, e lo fa in modo magistrale, amalgamando il tutto in maniera adeguata, con naturalezza estrema, senza incertezze e sbavature, collocando ogni elemento al suo giusto posto, in perfetto equilibrio, quasi ci fosse una sorta di filo conduttore che collega tutto.
È difficile anche classificare il film in un genere preciso; giallo, thriller, poliziesco. È tutto questo ed è anche molto di più.
 
Qui è il destino che non dimentica.
Il destino fatale che insegue gli uomini e li prende, malgrado loro.
Ma non si può dire che questo sia semplicemente un film sul destino.
È un film su dolore, odio, vendetta, sfiducia, tragedia, presente e passato che si toccano e si inseguono; non uno degli elementi pesa sull’altro, il regista non dà maggior importanza a un evento in particolare, c’è una casuale concatenazione di eventi, e il dramma, in differente misura, colpisce tutti i protagonisti senza distinzioni.


O forse no.
 
Tre amici d’infanzia, Jimmy, Sean e Dave sono segnati da un fatto traumatico che colpisce uno di loro; Dave viene sequestrato per quattro giorni da una copia di pedofili che abusano di lui.
Qui termina l’infanzia, o forse, qui viene uccisa; quella di Dave e indirettamente, quella dei suoi amici.
25 anni dopo, ciascuno ha intrapreso il suo percorso, ma un’altra tragedia intreccia di nuovo le loro vite; Katy, la figlia diciannovenne di Jimmy viene trovata morta ammazzata in un parco.
Sean è il poliziotto incaricato delle indagini, ma Jimmy, passato da galeotto alle spalle, vuole vendicarsi, e i sospetti ricadono tutti sullo sfortunato, fragile Dave, protettivo padre di famiglia, ancora in lotta coi fantasmi del suo terribile passato.
 
La classica regia asciutta ed essenziale, e le caratteristiche di Eastwood si ritrovano tutte, il gioco tipico delle luci e ombre è perfetto, ma nonostante la storia amara e dolorosa, per assurdo questo mi sembra uno dei film meno cupi del regista; ci sono scene di ampio respiro, luminose, opposte agli interni semibui e freddi dove si muovono alcuni personaggi (Dave soprattutto quando parla con la fragile, insicura moglie Celeste, troppo debole per credere nell’ innocenza del marito, suo malgrado ultima artefice del suo triste destino) inquadrature che si sollevano in alto verso il cielo, squarci di luce sull’oscurità, come nel finale della terribile scena che contrappone Dave e Jimmy, assurdamente, beffardamente liberatoria, “Non ero pronto…”
Le scene più chiare sono forti contrasti con le anime sofferenti dei personaggi, quelle più livide ne esprimono la solitudine e il dolore.
La sorte avversa ha segnato Dave e lo segna fino all’ultimo, si accanisce su di lui, ma pare essere solo una tragica fatalità. È un concetto quello del caso che emerge in alcuni dialoghi (ad esempio quando Jimmy spiega a Sean che se fosse salito lui sulla macchina dei pedofili, ne sarebbe uscito tanto devastato che la sua vita sarebbe stata diversa, sua figlia non sarebbe mai nata, e quindi non sarebbe morta.)
Il cast è formato da attori tutti in stato di grazia, tanto da vincere l’ Oscar l’attore protagonista (Sean Penn) e il non protagonista (Tim Robbins).
Ma qui possiamo parlare di tre protagonisti, per tre ruoli di uguale importanza, o quasi.
Sean Penn nella parte di Jimmy, è calato benissimo nella parte; il suo è un personaggio forte, aggressivo e sanguigno, un passato di rapine e omicidi che non riesce a lasciarsi del tutto alle spalle, un padre segnato dal dolore della perdita e alla fine dal rimorso.
Tim Robbins nel personaggio umiliato di Dave rende credibile, umano e fragile il personaggio forse più difficile e sofferto della storia, uomo a cui l’infanzia viene negata.
Kavin Bacon non è da meno, l’amico poliziotto che indaga cercando di arrivare alla verità, mentre cerca di non farsi coinvolgere emotivamente e fa i conti con la sua vita privata che sembra andare in frantumi. In realtà, lui alla fine è il solo personaggio a cui viene concessa una briciola di speranza, ma anche lei è una dea bendata. I gesti tra lui e Jimmy alla parata finale del 4 luglio, fanno pensare che i conti col destino non siano ancora chiusi.
Lo affianca un ottimo Laurence Fishburne, il collega poliziotto che lo aiuta nell’indagine.
Non meno importanti sono le figure femminili di questo film, Annabelle e Celeste, le mogli di Jimmy e Dave, donne diversissime e quasi ai poli opposti; come nelle tragedie più classiche determinano destini e trame, pronte ad assolvere e giustificare le azioni più sbagliate per il bene della famiglia, o inconsapevolmente a condannare per paura, mancanza di fiducia unita a debolezza.
Vorrei spendere poche parole anche sulla colonna sonora, bellissima, malinconica ed essenziale che per stile, mi ricorda molto il tema musicale di un altro film altrettanto bello Million Dollar Baby.
Insomma, in definitiva un grande film imprescindibile, magnifico, che resterà negli annali di cinema per quel capolavoro che è, e qui non dico nulla di nuovo.
Per me a tutt’ oggi l’opera migliore di Clint Eastwood.
 

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