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La città incantata

Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La città incantata

di isabelle archer
8 stelle

È trascorso del tempo: l'erba è cresciuta sul sentiero e il tetto e il cofano dell'automobile parcheggiata sotto gli alberi del viale, sono sporchi. È passato del tempo, è evidente a Chihiro. Ma non lo è ai suoi genitori. Loro, infatti, hanno mangiato i tanti cibi caldi e fumanti che hanno trovato incustoditi. Loro non ricordano di essersi trasformati in maiali. E di avere rischiato di essere a loro volta mangiati, proprio perché non hanno riconosciuto l'origine (più che i destinatari) di quei cibi.
Chihiro non si è fidata di mangiare, forse perché non ha visto nessuno che gliene offrisse. E non s'è fidata del padre che, gradasso, ha esclamato di avere i tanti soldi per poter pagare quanto avrebbe mangiato. No, Chihiro se n'è andata in giro per quella città fantasma, una città-parco abbandonata per gli effetti della crisi economica che colpì il Giappone nei primi anni Novanta, e lì, sopra un altissimo ponte da cui ha visto passare un treno, ha incontrato Haku, un ragazzo spuntato dal nulla che le ha intimato, in malo modo, di andarsene al più presto, perché il sole sta calando.
È troppo tardi, però: le luci delle insegne dei ristoranti si stanno accendendo illuminando le vie della città in cui emergono ombre sempre più numerose: Chihiro ritrova i genitori, cerca di scuoterli dal torpore che li ha colti dopo l'opulento pranzo, scoprendo però l'orrenda metamorfosi. Agghiacciata e spaventata da quello che si rivela un reale incubo, Chihiro scappa nel buio, constatando però che la città è circondata dall'acqua, che la città è un'isola su cui sono traghettati dei kami, delle divinità, degli spiriti, clienti delle terme e dei suoi ristoranti.
L'ultimo film di Miyazaki, Spirited Away (Sen to Chihiro no Kami kakushi), racconta la storia di Chihiro, di una bambina sradicata dai luoghi della sua infanzia, racconta l'esperienza della separazione e del suo superamento attraverso l'amore.
Nel mondo dei morti, nella ghost town dove i morti sono i vivi e i vivi sono i morti (Chihiro è riconosciuta se respira, perché "puzza"), la bambina dovrà farsi grande, adulta, trovandosi un lavoro («cercati un lavoro, è l'unico modo per ritornare da dove sei venuta», le dice Haku): Chihiro faticherà, nel pulire una stanza di una vasca termale, incrostata e sporca come abbiamo immaginato lo fossero le stalle di Augia; e accetterà di essere una serva, di prendere il posto più in basso, "il peso del mondo", facendosi così responsabile dell'irresponsabilità dei genitori, delle generazioni che l'hanno preceduta e che hanno consumato il pianeta, divorandolo come fosse a loro disposizione, gratuito.
In quell'isola che è un mondo completo da cui parte per una destinazione sconosciuta un treno che però non ritorna, pregando di avere quel lavoro servile, firmando un contratto, dando la sua parola, e accettando che il suo nome sia cambiato in Sen (in italiano "Mille", presente nel nome Chihiro dove è unito al verbo "perdere"), Chihiro metterà in gioco la sua identità: se dimenticherà il suo nome, non potrà più tornare indietro.
Il percorso di individuazione di Chihiro è un percorso che ben ricorda le "cose d'amore": perché è descritta la separazione da sé, dalla propria origine (il fatto che Chihiro sia sradicata dai luoghi della sua infanzia), dal contatto col divino. Quando il padre perde la strada e guidando l'auto si inerpica per il sentiero al limitare di un bosco, Chihiro scorge dei segni che le sono estranei, che non conosce, così come a noi abitanti dell'universo razionale sono distanti e separati i segni del divino che una volta, nella nostra preistoria, riconoscevamo perché vivevamo, in quanto animali, a loro prossimi, vicini: il parco della città abbandonata, quello che Chihiro e i suoi genitori raggiungono attraversando un tunnel alle cui polarità stanno due raffigurazioni di dei, non è altro che il luogo del divino dove i genitori si trasformeranno in maiali (in esseri sacrificali), perché ormai del tutto incapaci di ricordare la loro origine e, proprio per questo, tra loro separati (come maschio e femmina) e, ancora, obbligati a cercare la soddisfazione nel mangiare e non, nella conoscenza.
E perché, una volta che il desiderio di ritornare e di liberare dall'incantesimo i suoi genitori ha portato Chihiro a conoscere la meta del treno che non ritorna, non essendo da sé capace di ricordare (condizione necessaria per uscire da quello stato di servitù), ecco che la bambina diventerà adulta, ossia si riconoscerà, attraverso l'esperienza erotica con Haku. In volo, a lui avvinghiata, Chihiro ricorderà di essere caduta bambina in un fiume e di essere stata tratta in salvo dalla divinità di quel fiume, un serpente che ha le forme e le sembianze di quello stesso serpente volante che ora la sta riportando indietro. L'esperienza erotica fa cadere Chihiro dentro l'acqua, dentro Haku che dell'elemento primigenio, di cui si ha memoria dell'essere stati orizzonte illimitato e unico, è rappresentante. E Haku con lei, in lei, ritrova la memoria di quell'unicità da cui fummo separati. L'esperienza di quel mondo divino, originario, di quella prossimità con gli dei, di quell'universo che era totalità, è anche esperienza della frattura, di quella ferita inferta da Zeus agli uomini: ecco, Eros, come ci ha insegnato Platone tramite le parole di Diotima, è transito tra il divino e l'umano, è l'esperienza non dell'amato ma dell'amante che, a differenza dell'ignorante (i genitori, in questo caso, adulti, però bambini, ché esperiscono il mondo ancora e solo per mezzo della bocca) cerca avidamente di conoscere, di colmare: come nel significato di incidere sta il cadere dentro, Chihiro, avvinghiata ad Haku, si rivede cadere nell'acqua, si risente sommersa, dissolta nella visione di un mondo che non è dominato dalla razionalità e che la precede. Chihiro, nell'amore, nella fiducia che ci consegna all'altro, esprime il nostro desiderio di abbandonare la nostra individualità per essere uno nell'altro, come - meglio di me - sa dire Dickinson: «…Il mio fiume scorre verso di te/Azzurro mare! Mi accoglierai?/ … Ehi - Mare - Prendimi!».

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