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Piovono mucche

Regia di Luca Vendruscolo vedi scheda film

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La recensione su Piovono mucche

di OGM
7 stelle

Cosa c’entra il titolo? Nessuno lo sa. Cionondimeno l’immagine è altamente efficace: dal cielo dei sogni cadono creature pesanti. Come i corpi oppressi dall’handicap, costretti a fare costantemente i conti con l’inerzia propria delle masse meccaniche. Gli ospiti della comunità Ismaele sono gli irrequieti punti fermi di una realtà che, nonostante gli impedimenti fisici, riesce comunque  a staccarsi dal suolo, a fare confusione, a dare sfogo alla sua libertà. Matteo, Alex, Corrado e gli altri obiettori di coscienza che li assistono fanno fatica a tenerli a bada. Sono schiavi della disabilità, della malattia, eppure è incontenibile l’impeto ribelle con cui continuano a spezzare le catene, divenendo imprevedibili, impertinenti, persino selvaggi. Non sono bizzarri, ma solo amaramente normali, impegnati come tutti - solo con qualche difficoltà in più -  a trarre il massimo dalla loro condizione, a cogliere ogni istante di vita, a prestare ascolto ad ogni segnale del corpo, a seguire anche il più piccolo richiamo dell’istinto. La natura li ha allegramente in pugno, e loro sanno stare al gioco, con supponente noncuranza o sfrontato egoismo, come chiunque cerchi, in circostanze estreme, di mantenere intatta la propria dignità e difendere i propri interessi. Renato e Franco sono stati uomini veri. Un instancabile autotrasportatore ed un delinquente di razza. Ora sono inchiodati ad una sedia a rotelle, ma sono tuttora avversari temibili, l’uno per la mole ingovernabile, l’altro per il carattere incrollabilmente orgoglioso e prepotente. Non si possono dominare, ma solo servire. È questo l’aspetto maggiormente spiazzante, per quel gruppo di ragazzi inesperti, chiamati a svolgere una mansione del tutto diversa da come l’avevano immaginata. Non sono loro quelli che, forti della loro salute e del loro ruolo,  sanno e comandano. Dall’altra parte c’è chi conosce la vita molto meglio, e ha acquisito con essa una familiarità che si fa beffe della prudenza e del protocollo sanitario. Questa sicurezza di sé sfida le regole e determina il corso degli eventi molto più delle norme comportamentali fissate a tavolino.  A prima vista, i pazienti  appaiono come universi ermeticamente chiusi dentro la propria rabbiosa o gioiosa eccentricità, mentre, in effetti, sono individui straordinariamente disinibiti, aperti alla sperimentazione di tutto ciò che è proibito; non mostrano inutili pudori né convenzionali paure, perché la loro esistenza si è già tuffata a testa in giù nel mistero, in ciò che resiste quando tutto finisce, e che è ben presente anche se rimane invisibile.  La commedia è forse il genere più congeniale a questa rappresentazione della consapevolezza che, per contrappasso, si esprime in un approccio sfrenato al bene e al male del mondo, prescindendo da ogni limite pregiudiziale, scavalcando ogni pretestuosa riserva. Il regista Luca Vendruscolo trae dalla sua esperienza personale un film carico di un’irriverente forza morale, che riversa, in un realismo sapidamente  condito di demenzialità e provocatoriamente affacciato sul trash, il messaggio di una speranza strappata coi denti, e divorata con infinito gusto. 

 

 

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