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La finestra di fronte

Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film

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La recensione su La finestra di fronte

di Rosebud77
8 stelle

Ironia del destino (e di abile promozione) fa sì che Ozpetek, regista turco trapiantato in Italia, contenda a Muccino la sfida per il nuovo talento italiano. E messe a nudo le intenzioni con i risultati, vincendola. Entrambi al loro quarto film, il nuovo lavoro del regista de LE FATE IGNORANTI - ancora una volta sceneggiatore assieme a Gianni Romoli, anche produttore - si arrischia in una storia da perderci la testa. Inizia con un fatto di sangue in una panetteria nella Roma del ’43, poi si tuffa nei vicoli del ghetto della Roma odierna dove incontriamo una famiglia tutt’altro che borghese: lei, Giovanna (la Mezzogiorno mai così espressiva), lavora come contabile in un’azienda avicola ma ha una passione per l’arte dolciaria; lui, Filippo, non ha un mestiere stabile e deve lottare fino all’ultimo euro; e poi ci sono i due bambini, lo specchio dell'innocenza. Poi, l’evento: nel quotidiano di questa coppia fragile e insofferente, ma unita, entrano a sorpresa Simone, un anziano signore ebreo distinto, affabile e dal passato misterioso in preda ad un’amnesia (l’ultima, grande, emblematica apparizione di Massimo Girotti), e un giovane bello e dall’aria pulita (credibile, per una volta, Raoul Bova) che abita nel palazzo di fronte a Giovanna, e che lei spia dalla sua finestra con più di semplice curiosità. Due incontri che acquisteranno gradualmente un loro significato, smascherando passioni proibite e paralleli amori impossibili all’ombra dei turbamenti del cuore e di una tragica pagina della storia italiana. Non sarebbe giusto dire di più. Ozpetek ama la gente, i suoi personaggi e i luoghi che riprende, è affascinato dal tormento del romantico e della diversità, ed è notevole come intreccia questo giro di vite che pretende un suo tempo per inoltrarsi nella memoria storica come in un romanzo d’autore, con una regia intimista e impavida che dà spazio e corpo a sussulti, a voci, a silenzi ininterrotti. Controllatissimo, appena inumidito dal calore di simpatici comprimari, LA FINESTRA DI FRONTE è un film imperfetto ma coraggioso, vivo, toccante e sincero, che si avvia sui territori del giallo dell’anima per imboccare da melò la metafora dell’incontro fortuito come rivelazione di crescita e fiducia in se stessi. Molte sequenze sono un azzardo sia filmico che storico, ma il regista le sa giostrare con mano accorta e leggera, colorata di lividi simbolismi mai fuori tono, e impara la lezione della modestia in un periodo in cui il cinema si mischia retoricamente alla fiction. Splendide le musiche di Andrea Guerra, che intercalano alla perfezione i fremiti di queste anime che si cercano, si sfiorano, si dannano. In nome di un’apertura delle nostre emozioni alla novità e alla tolleranza che invita almeno ad una riflessione non banale, oggigiorno: nessuna sopravvivenza. La vita va pretesa, vissuta. E ricordata.
(Francesco de Belvis, Roma)

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