Espandi menu
cerca
007. La morte può attendere

Regia di Lee Tamahori vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Brett

Brett

Iscritto dal 4 febbraio 2003 Vai al suo profilo
  • Seguaci 1
  • Post -
  • Recensioni 21
  • Playlist 9
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su 007. La morte può attendere

di Brett
8 stelle

E 20! James Bond, il più longevo dei personaggi cinematografici festeggia la sua ventesima avventura, e lo fa in uno stile di lusso, con una storia ben confezionata che alla fine, Bond o non Bond, funziona. Si comincia dalla sequenza pre – titoli, come al solito adrenalinica, con una corsa che sembra infernale e davvero non finire mai. Poi la storia si svolge attraverso citazioni e momenti originali, come ad esempio la cattura del nemico ( coreano ) e la tortura; il rilascio e l’accusa di tradimento; la licenza revocata e la ricerca della dimostrazione della sua assoluta innocenza ( tema già espresso da De Palma nel primo Mission: Impossibile, ma in generale leit motiv della filmografia Hitchcockiana ). Così brevemente raccontato, il film sembrerebbe un’ennesima prova classica da parte di Bond, e invece non è esattamente così. Infatti, il soggetto di Neil Purvis e Robert Wade, gli ultimi creatori del Bond cinematografico, più di una gaffe, questa volta, rispetto a qualche spezzettamento di narrazione di Il mondo non basta, l’hanno compiuta. Perché è vero che i film di Bond, considerando i bondiani o bondologi doc, vivono di citazioni, ma è anche vero che la citazione non è il riciclo ( Icarus, come "Una cascata di diamanti" ), anche se ben assestato; che gli effetti speciali, per quanto possano essere vicini ad una realtà prossima, sono ancora impossibili ( mi riferisco alla invisibilità dell’Aston Martin ) e quindi lontani dalla volontà di Fleming ( azioni improbabili, non impossibili ); che Bond non è un angioletto che si disloca a suo piacimento sulle acque; che l’MI6 non smette di avere la sua piena fiducia in Bond solo perché gli amici americani hanno dei sospetti; e infine perché Bond è un agente inglese al 100%, al Servizio Segreto di Sua Maestà, e non il cugino carnale del pur bravo Ethan Hunt. Insomma, per carità, il film diverte e tantissimo, fino a far tirare il fiato per tutta la durata ( e non solo per la lotta schermistica tra Bond e Graves o per l’inseguimento ghiacciato tra la Aston Martin e la Jaguar ): c’è una Halle Berry che quel fiato lo mozza e diventa di diritto la nuova icona femminile bondiana; c’è Madonna che canta un’elettrizzante colonna sonora. E c'è soprattutto Pierce Brosnan, con la sua personalità giusta al posto giusto, con stile, sensualità e senso dell'umorismo che da sempre contraddistinguono il suo personaggio. Eppure, quando si esce dal cinema, si ha la sensazione di aver visto anche qualcos’altro rispetto al solito Bond: solo che questa volta “solito” non è sinonimo di noia, ma di tradizione. E Bond è un personaggio che di tradizione si nutre di continuo. Spingerlo verso la novità a tutti i costi comporterebbe dei rischi per il suo futuro, anche se, momentaneamente, aprirebbe ad un pubblico più vasto e quindi a maggior incassi. I produttori dovrebbero considerarlo. E allora…arrivi presto il 21°!

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati