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N.P. - Il segreto

Regia di Silvano Agosti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su N.P. - Il segreto

di hallorann
7 stelle

Silvano Agosti è un caso unico di uomo di cinema, nasce come montatore de I PUGNI IN TASCA di Bellocchio con lo pseudonimo di Aurelio Mangiarotti, poi esordisce con il bergmaniano IL GIARDINO DELLE DELIZIE, sceneggiato montato e diretto da lui. Caratteristica che manterrà in seguito aggiungendo talvolta il compito di direttore della fotografia e produttore. Come documentarista meriterebbe un capitolo a parte, tra il ’68 e il ’78 filma le lotte e le contestazioni del movimento studentesco con PRENDIAMOCI LA VITA, materiale confluito anche nel televisivo TRENT’ANNI DI OBLIO. E poi LA STRAGE DI BRESCIA, D’AMORE SI VIVE, i fondamentali MATTI DA SLEGARE e LA MACCHINA CINEMA con Rulli, Petraglia e Bellocchio. Inoltre Agosti è proprietario-guru del cinema Azzurro Scipioni di Roma. Non va dimenticata la sua attività di scrittore utopista con LETTERE DALLA KIRGHISIA per esempio, in cui espone candidamente la sua suggestiva filosofia/visione della vita.

Nel 1970 scrive e dirige N.P. IL SEGRETO, un apologo fantasociologico ambientato in una dittatura in cui un ingegnere inventa un marchingegno che ricicla l’immondizia per renderla commestibile, un processo di automazione che annulla il lavoro. L’ingegnere viene rapito e drogato da uomini vicini al potere, dopo un tentativo di fuga viene catturato e reso innocuo, muto e smemorato. Ne viene annunciata la morte (simile a quella di Enrico Mattei) con funerali solenni in cui viene lodato l’ingegno, l’inventiva e dove si ipotizza un attentato terroristico o un semplice tragico incidente. In realtà N.P. (che sta per Nota Persona) viene rilasciato e vaga come uno sbandato in una città nuvolosa e semideserta. Intanto gli ex lavoratori diventano sussidiati, abitano in casette, ricevono un sussidio maggiore dello stipendio, posseggono una tessera che gli permette di girare e frequentare circoli - vivono in un sistema “automatizzato”. L’ex ingegnere, regredito quasi a uno stadio infantile, viene accolto in una famiglia di neo sussidiati e ribattezzato profugo poiché ignota è la sua origine e provenienza. I lavoratori cominciano a ribellarsi, non vogliono il sussidio, si annuncia che “il capitalismo è morto e che l’automazione segna il trionfo della classe operaia”. L’esercito reprime i ribelli, mentre i media tacciono sugli scontri in piazza e lo Stato annuncia il controllo della fecondità femminile. I familiari sussidiati che ospitano il “profugo” si assentano e in casa restano Maria la moglie del capofamiglia e il figlio più piccolo. Essi dopo un mese di attesa vanno a cercarli, trovandoli in una fila interminabile insieme a una fiumana di gente accalcata per ricevere il sussidio. Lui che non può beneficiarne attenderà invano.

 

Agosti immagina un futuro fanta-socio-politico in cui una dittatura social fascista (visto che gli uomini del potere si chiamano compagni), ma tutto il resto fa riferimenti al fascismo (le tessere e la casa del sussidiato per dirne due), plasma le coscienze, elimina il lavoro e quindi gli sfruttati e gli sfruttatori, i servi e i padroni. Fa finta di fare ciò per controllare meglio la popolazione e poi farla sparire (come si ipotizza nel finale enigmatico e triste). Il regista bresciano affronta vari temi e il risultato appare confuso e un po’ contorto nel suo insieme. Gli va dato atto, però, di aver realizzato un’opera originale e per certi versi profetica, tra le migliori concepite. In ombra i tre protagonisti Francisco Rabal, Irene Papas e Ingrid Thulin, più in luce il popolo minuto. Marco Bellocchio doppia una delle voci irradiate dai megafoni nel villaggio di case popolari. Molto bello e toccante il commento musicale di Nicola Piovani.

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