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Io non ho paura

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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La recensione su Io non ho paura

di Lehava
7 stelle

 

Il mondo è ingiusto: anche un bimbo lo può capire. Arriva un signore tutto pancia e pistola in casa tua, e ti si piazza in camera. La paura ti impedisce di dormire, ma non di dire " il re è nudo!": anche a costo della vita, tua o altrui. Cos'è la vita, per un ragazzetto che scorrazza in bicicletta in una estate assolata? E' la consapevolezza della incomprensibilità dell'animo umano: un punto di domanda che non concede spiegazioni ma che si addolcisce con un bacio della mamma, una torta alla crema, il perdono ad un amico. Un atto gratuito di coraggio e bontà: non per scelta, non per ragionamento. Ma solo per istinto naturale: quello alla bontà. "Chi salva una vita salva il mondo intero" recita il Talmud. Michele, che ha dieci anni e vive in un profondo sud fatto di case sparute, corse nei prati e temporali certo non sa che cosa sia il Talmud. Nè che il paradiso, se esiste, ti si apre davanti agli occhi ogni qual volta guardi laggiù fino all'orizzonte, oltre i campi di grano. E cerchi il mare, te lo immagini e quindi lo vedi, immenso e libero. Il paradiso, che ha assonanze di un canone barocco: qualcuno lassù al nord decise di scriverlo su cinque righette ristrette con pallini sparsi, non può leggerle Michele, ma se le sentisse le riconoscebbe subito, come gli indigeni il suono di un oboe: sono il respiro dell'aria, il cielo sopra la testa, la luce intensa del primo pomeriggio di agosto, una risata sonora. Michele è un bambino e non ha mai visto morte e sofferenza: non conosce arsura e fame. Buio e terrore. Che può capire lui di fede e rassegnazione? Di colpa ed espiazione? Di miseria e crudeltà? Niente, può capire. Né conosce il potere della bellezza, la forza propompente della speranza che muove le sfere celesti e fa crollare montagne. Michele è solo, solo lui: e lui, solo, senza nessuna paura, fa la cosa giusta. L'unica. Un gesto di pietà, per la vita.

 

"Io non ho paura" è effettivamente il film migliore (almeno fino ad adesso) di un regista a cui non si può negare l'originalità, la voglia di parlare "d'altro" e "oltre": magari non sempre con gli strumenti giusti, o la lingua appropriata. Un film sull'infanzia? Io direi proprio di no: i temi trattati sono complessi, pesanti, e Salvatores certo non li coglie dal punto di vista dei suoi giovani protagonisti. Il suo è infatti uno sguardo pienamente adulto e consapevole. Ma proprio in quanto tale, riesce a sviluppare e completare, a dare forma e sostanza, ad un universo "ad altezza di bambino" (come da commento film.tv.). Ne viene fuori un'opera singolare dove in un linguaggio da favola - fatto di orchi-Barbablu e di laidi servitori, di barbagianni appollaiati sugli alberi nella notte buia più buia, e di bimbi smarriti (perchè ogni ragione ragionevole è smarrita) in caverne-limbo-ventre materno sterile - si racconta un storia meschina, comune, piccola, eppure universale nella delineazione di un microcosmo di bassezze, riscattato dalla purezza. Il giovane scopre un bambino tenuto segregato in un buco nel terreno in un casolare abbandonato in campagna. Tra paura, curiosità, ed un senso etico naturale, farà di tutto per salvarlo.

 

Supportato da una bella sceneggiatura, - lineare eppure capace di mantenere alta la tensione - da buone interpretazioni e avvalendosi di una fotografia cangiante che rispecchia il mondo tutto a colori brillanti dell'infanzia (perché quando si è giovani si ha l'universo in pugno, non si conoscono ombre o cedimenti) Salvatores firma un'opera ruffiana - ma è veramente difficile non esserlo quando ci sono di mezzo i bambini - eppure inspiegabilmente non falsa. Tiene a bada sue derive sperimentaliste vuotamente intellettuali ritornando alla narrazione pura, e con qualche caduta di stile (il finale al rallentatore soprattutto, un eccesso di irrealtà che aleggia ma che certe volte si calca troppo) centra l'obiettivo. Anche se la critica non ha mancato di segnalarne le imperfezioni - in cui inserirei anche la colonna sonora firmata Ezio Bosso, Ennio Morricone e Pepo Scherman: buona ma inadatta all'opera - anche se il pubblico, non richiamato da premi internazionali, ha mantenuto un atteggiamente generalmente tiepido.

 

"Il mondo non si mantiene che per il fiato dei bambini" Talmud

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