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Furyo

Regia di Nagisa Oshima vedi scheda film

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La recensione su Furyo

di fixer
8 stelle

 

Film densissimo di significati, pieno di suggestioni, di rimandi, di intuizioni e di riflessioni profonde.

Da dove cominciare? Forse dall’incontro-scontro di due culture. Rappresentato superbamente. Occidente ed Oriente, ma non solo, Inghilterra e Giappone con tutto ciò che questo significa. Straordinari i flash-back di David Bowie e il  suo personaggio. Ma forse, e soprattutto, fra uomo e uomo.

Il maggiore Celliers (Bowie) è un concentrato di enormi suggestioni che lascia stupiti per la densità della sua figura. Gioventù infelice, speranze spezzate, delusioni, carattere temprato da avversità e sconfitte. Ne esce un personaggio a tutto tondo, la cui integrità è pari solo alla sua smisurata fierezza. L’uomo giusto per mettere alla prova la presunzione giapponese della propria superiorità ed invincibilità. Lo scontro che ne esce, inevitabile e necessario, non può che essere mortale e la vittima non può che essere lui. La sua morte però è anche segnale di debolezza per i suoi carcerieri, indignati per la sua arroganza ma ammirati dalla sua dignità.

La tempra morale di quest’uomo rende conseguentemente piccoli tutti gli altri.

Un altro tema fondamentale è la relazione fra il capitano Yonoi e Celliers.(Curiosamente, ma forse non così tanto, si tratta di due rock stars nella vita reale). Yonoi è il giapponese modello: buona cultura, buona famiglia, migliori tradizioni. I suoi valori sono l’asse portante della sua visione del mondo. In questo ordine di valori s’inserisce il granello di sabbia Celliers che lo mette in crisi. Si rende conto che il nemico può essere ancora più “nobile” di lui, incurante delle privazioni, delle torture e delle umiliazioni. Capace perfino di metterlo in grave difficoltà, quando, davanti ai suoi uomini schierati, ha l’ardire di baciarlo, atto estremo di offesa ma anche di coraggio supremo e di sfida temeraria e burlesca. Oltraggio imperdonabile per Yonoi. Il suo svenimento rappresenta il climax dello scontro fra due mondi inconciliabili ma, paradossalmente, così vicini. L’odio verso il nemico che diventa anche profondo rispetto; il culto del coraggio che si confronta con l’integrità totale.

Forse giova ricordare la mentalità giapponese nei confronti dei nemici: coloro che cadevano prigionieri erano considerati dei vigliacchi. Non erano degni di rispetto e verso di loro dovevano essere usati durissima disciplina e severissime punizioni.

Ora, Celliers non è il resto dei suoi commilitoni. Il capitano Lawrence (Tom Conti), ad esempio, rappresenta l’inglese medio, normale, soggetto alle normali tentazioni, paure e piccole vigliaccherie e furbizie quotidiane allo scopo di sopravvivere. Per i giapponesi essi rappresentano l’idea che hanno dei loro nemici ed è, di conseguenza, abbastanza semplice applicare rigidamente il codice. Celliers, invece, sfugge all’etichettatura, ai loro schemi precostituiti. Egli rappresenta qualcosa di assolutamente imprevedibile, non catalogabile: il suo coraggio è pari, se non superiore al loro.

Per noi occidentali, poi, la sua figura, misto strepitoso di tristezza esistenziale, di nobile fierezza e di inflessibilità assoluta, è semplicemente irresistibile.

La presunta omosessualità latente del capitano Yonoi è piuttosto, a mio avviso, con il suo svenimento, l’irresolvibilità del conflitto nemico-amico, odio-rispetto.

Più che uno scontro di culture, il film suggerisce invece un conflitto di personalità che non potrebbero essere più diverse. A Celliers è crollato tutto. L’unica cosa che nessuno può togliergli è l’onore. A quello non rinuncia e tutte le traversie della sua vita lo aiutano ad affrontare la protervia del nemico, con la convinzione profonda che l’ultima occasione della sua vita, quella cioè di mostrare la suprema dignità, non può mancarla.

Yonoi, cresciuto nella convinzione di fare parte dell’elite di un popolo che si crede eletto, è depositario delle tradizioni più profonde ed interprete del sentimento di superiorità etica che da quelle tradizioni trae linfa vitale. Ogni minimo gesto di debolezza è tradimento, se ne è autore uno dei suoi, ed è riprova della propria superiorità se a compierlo è un nemico.

Ma se il nemico è Celliers, vengono a cadere i pilastri della pretesa superiorità nipponica. E’ la constatazione della fallacia delle proprie più profonde convinzioni. Sono dei che cadono. E’ un sistema che comincia a sgretolarsi.

Il senso del film sta tutto qui. Ancora prima che militarmente, il Giappone paga duramente le conseguenze di un “sistema” capace di creare un impero poggiando però le proprie basi su premesse radicalmente sbagliate. Le tradizioni, quando sono motivo di disprezzo per chi non le condivide, provenendo da altre culture, sono fatalmente destinate al fallimento.

C’è sempre un Celliers, da qualche parte, che contribuisce a rendere migliore il nostro mondo.

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